La laurea in Medicina 150 anni dopo: sette ragazze scozzesi dovettero abbandonare l'università per gli attacchi dei colleghi

Le sette studentesse scozzesi che hanno ricevuto oggi la laurea al posto delle sette che furono cacciate
di Carla Massi
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Domenica 6 Ottobre 2019, 16:30 - Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 20:02

Hanno iniziato l'università, facoltà di Medicina, nel 1869 e si sono laureate nel 2019. Centocinquanta anni dopo. Sette ragazze scozzesi, Sophia Jex-Blake, Isabel Thorne, Edith Pechey, Matilda Chaplin, Helen Evans, Mary Anderson Marshall ed Emily Bovell, volevano diventare medico ma non ci riuscirono. Dopo aver tanto lottato per iscriversi furono costrette ad abbandonare. Perché, di fatto, professori, colleghi e anche l'amministrazione dell'ateneo (le loro tasse più alte di quelle dei maschi)  le boicottarono. Fino a farle demordere.

Primo problema: i professori non potevano insegnare alle donne. Così le sette giovani si arrangiarono, trovarono i testi e si presentarono agli esami comunque preparate. Risultati eccezionali, tanto da sollevare una generale antipatia nei loro confronti. Antipatia che, in breve tempo, si trasformò in veri attacchi: circa duecento colleghi arrivarono a gettare fango e spazzatura sulla squadra delle "Edinburgh Seven" la cui fama aveva oltrepassato i confini nazionali. Tanto che altri atenei, in Francia e in Svizzera, decisero di aprire le porte alle studentesse. Un can can mediatico che, purtroppo, non servì a nulla. La Corte civile di Scozia, infatti, decise di non far proseguire gli studi alle giovani.

Dopo 150 anni, alcune settimane fa durante l'ultima sessione di laurea dell'università di Edimburgo, il riscatto. La loro laurea è stata consegnata, con cerimonia formale, a sette studentesse di oggi. Un riconoscimento postumo  superfesteggiato. «La segregazione e la discriminazione che le “Edinburgh Seven” hanno subito appartengono alla storia ma ancora oggi esistono barriere che impediscono a moltissime talentuose di avere successo all'università» è il commento amaro del professor Peter Mathieson dell'ateneo scozzese. 



 

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