La scrittrice Lina Agostini: «Ci dimentichiamo che le donne anche da vecchie s'innamorano»

Lina Agostini
di Valentina Venturi
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 18 Novembre 2020, 13:29

Lina Agostini con il suo "Diario scandaloso di una vecchia", pubblicato da La Tartaruga edizioni analizza il suo presente, rendendolo universale. Ex giornalista, sceneggiatrice, scrittrice, critica letteraria, cinematografica, televisiva e musicale, a 81 anni scrrive un romanzo per sollecitare la società a rispondere a una domanda: qual è oggi il posto dei vecchi? Sono diverse le difficoltà incontrate dalle persone anziane: il difficile rapporto con la memoria, l’orizzonte del proprio tempo che si fa più stretto, i cambiamenti del corpo e del pensiero, le relazioni perdute o irreversibilmente mutate, i rimpianti, i dubbi e i rimorsi.

Cosa racconta "Diario scandaloso di una vecchia"?

«L'ho scritto in poco tempo, tratta di questa terza età maltrattata, di come la società moderna non abbia più un posto per i vecchi: un tempo si invecchiava e si muoriva in famiglia, adesso la famiglia non esiste più. O muori tra le braccia di qualche bionda moldava che vuole il tuo bancomat o muori solo. Io sono sola da una vita. La vecchiaia è l’unica malattia terminale». 

Vecchia è un termine in disuso?

«È una parola che non ha un sinonimo, quindi non la puoi tradurre. Gli americani l’hanno dirittura tolta dal vocabolario. Io penso sia un termine bellissimo e io non mi sono mai sentita offesa se qualcuno me lo diceva. Sono vecchia che ci posso fare, non è una scelta!». 

Come mai "scandaloso"?

«Non è un aggettivo messo a caso, o per attirare qualcuno che aveva dei pruriti. Nasce da uno scandalo vero di cui sono stata artefice e poi anche vittima. A 20 anni ho scritto “Giorgina” un libro che allora, sebbene fossimo nella Toscana civilissima, sembrò addirittura osceno. Rimase in libreria per un giorno e poi quel libro non l’ho mai più rivisto. È stato censurato, ritirato e bruciato. E per cinque anni mi sono vergognata e i miei primi articoli non li firmavo con il mio cognome. Allora non è come oggi che se fai una cosa del genere ti chiamano in televisione e diventi un personaggio. Allora ti vergognarvi. Uno scandalo a livello europeo non soltanto italiano, ricevevo lettere da tutto il mondo; mi difesero Moravia, la Morante e Pasolini».

Ha mai incontrato difficoltà nel mondo del lavoro?

«Lavorativamente parlando ero un uomo, ero molto maschile. Ho tagliato la canna da zucchero a Cuba per Castro; ho conosciuto Hemingway che mi portò a vedere dove scriveva i suoi libri in un bar pieno di mosche; ho provato le 2 mila scarpe di Imelda Marcos quando sono stata sua ospite a Manila. Ho fatto una vita professionale assolutamente maschile e ho conosciuto il mondo. Poi ho anche realizzato 23 Festival di Sanremo amando molto la musica. Non sono mai stata scavalcata e se è accaduto, è stato per ragioni politiche. Il mondo del giornalismo ai miei tempi era maschile non era femminile. C’erano poche donne».

Cosa ricorda di Moravia?

«Siamo stati amici per trent’anni, andavamo al cinema insieme. Poi lui si annoiava e lo cacciavano dalla sala e si faceva raccontare il film da me per poi scrivere la recensione sull’Espresso».

E di Hemingway?

«Mi diceva: “Chi ha paura della morte l'anticipa”. E qualche tempo dopo poi si sedette con il fucile tra le gambe e si sparò in faccia».

Progetti futuri?

«"Il diario sentimentale di una vecchia", perché ci dimentichiamo che le donne da vecchie si innamorano, magari si innamorano anche tra loro, non so!». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA