Lidia Ravera: «Agli uomini è concesso il terzo tempo, a noi donne no. Ci definiscono appassite, come fossimo insalata»

Lidia Ravera
di Valentina Venturi
4 Minuti di Lettura
Martedì 7 Aprile 2020, 17:59 - Ultimo aggiornamento: 19:11

«La frase ossessiva che sentiamo al telegiornale, da quando siamo in questo guaio è: “Non bisogna abbassare la guardia”. Ecco, anche noi femministe non dobbiamo abbassare la guardia perché ci sono dei piccoli slittamenti superficiali, ma nel profondo siamo ancora lì: loro hanno il pisello e a noi manca un pezzo». Lidia Ravera non si tira mai indietro e analizza la realtà circostante con arguzia e puntualità, anche e soprattutto da un’angolazione femminile. La schiettezza contraddistingue da sempre anche la sua scrittura e il suo spirito critico, da quando a soli vent’anni scrisse a quattro mani con Marco Lombardo Radice “Porci con le ali”. 
 
Il femminismo ha ancora senso?
«Non siamo ancora in una società di equipollenti o di eguale valore. L’universale è ancora maschile ma sia chiaro, non voglio un universale femminile, non voglio ridurre l’altro genere a parte mancante del mio».
 
Cosa desidera?
«Voglio un doppio soggetto, un doppio sguardo, ma non c’è ancora parità profonda. L’emancipazione sì sta andando avanti: adesso nessuno osa più dire che abbiamo il cervello più piccolo - magari lo pensano, ma lo dicono di nascosto -, che non sappiamo guidare la macchina o che non possiamo fare i giudici perché abbiamo le mestruazioni!».
 
Miglioramenti significativi…
«Le abnormità sono state superate ma le donne devono essere giovani e belle in eterno, la percentuale di donne nei posti apicali è inferiore a quella maschile, ci sono due pesi e due misure. Sempre. La donna se è sola è una zitella acida e inaridita mentre l’uomo è un brillante scapolo, fascinoso e seducente. Ho cominciato questo discorso quando avevo 14 anni e non ho ancora smesso, mi sembra di essere un disco rotto».
 
Per questo due anni fa ha fondato per Giunti editore la collana “Terzo Tempo”?
«Ho pensato fosse responsabilità degli scrittori lavorare sull’immaginario collettivo, per modificarlo, dato che sulle persone che hanno più di 60 anni l'immaginario è molto pesante. Sono partita dal mio problema personale: pur essendo vecchia, ho altri 30 anni di vita d’avanti, coronavirus permettendo. Invece ti danno la sensazione di essere già caduta fuori dal carro della storia, delle relazioni umane, per non parlare dell’amore. È tristissimo. La chiave dei nostri libri è invece leggera; sono deliziosi romanzi d’amore, spiritosissimi: partiamo dalle nostre angosce e le buttiamo a ridere».
 
Nel terzo tempo esistono disparità tra uomo e donna?
«Agli uomini è concesso il terzo tempo e a noi no. Continuano ad essere affascinanti, più colti, intelligenti, spiritosi e magari anche più ricchi e potenti. A loro aggiunge, a noi toglie».
 
Da cosa dipende?
«Mi sono detta che è perché gli uomini sono cultura e le donne natura. È la nostra fregatura: su noi si usano aggettivi come fresche o appassite, come se fossimo insalata, invece agli uomini viene concesso di migliorare con gli anni, perchè l'anima migliora mentre è il corpo che peggiora».
 
Dal 3 aprile è disponibile gratuitamente in ebook l’antologia “Incontri ravvicinati del Terzo Tempo” (Giunti editore). I testi sono tutti di donne: partendo dal suo seguono Brunella Schisa, Emanuela Giordano, Roberta Colombo, Elena Vestri, Grazia Giardiello & Barbara Cappi e Linda Brunetta. Ma un uomo esordisce in “Terzo Tempo”: Paolo Guzzanti.
«Sono otto racconti di "amore ai tempi del coronavirus" nati dal più profondo delle nostre angosce, divertenti e positivi. Paolo, che dovrebbe essere in libreria a settembre con il primo romanzo d'amore over 60 scritto da un uomo, ha carinamente accettato la mia proposta».
 
Cosa consiglia di fare nella quarantena da emergenza virus?
«Di scrivere, di leggere e scrivere. Leggete libri in maniera attiva, con una matita a sottolineare le frasi illuminanti perché l’intelligenza degli altri è nei libri e la tua cresce leggendo. Usare bene questo tempo "fermo" vuol dire usarlo per crescere che tu sia ragazzina, una donna di 40 anni o una vecchia».

© RIPRODUZIONE RISERVATA