Inès de la Fressange, musa della moda a 61 anni: «Le donne non sono bambole»

Inès de la Fressange
di Anna Franco
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 19 Giugno 2019, 11:36 - Ultimo aggiornamento: 14:56
«Eravamo certe che l’emancipazione femminile fosse un dato di fatto. Nessuno avrebbe immaginato che ci dovessimo trovare qui a parlare ancora di parità o di rispetto della donna». Flessuosa, sorridente, con lo sguardo sornione e allo stesso tempo stupito, Inès de la Fressange è una che è riuscita a vincere uno degli stereotipi più duri a morire nella moda: quello dell'età. Almeno anagraficamente ha 61 anni, anche se non li dimostra proprio, ma continua a essere musa di stilisti, testimonial, bellezza aspirazionale che va oltre le mode del momento. E lo fa con passo leggero, con ironia e con quella cortesia che ti accoglie come se fossi nel salotto di casa sua, anche se si è seduti in un ristorante milanese.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Let’s change again ! 😂 not @rogervivier #madrid #today #rogerviviertrip

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Com'è essere una modella nella vita reale?
«Le riviste mi definiscono musa, icona, ma grazie a Dio non mi vedo così. Mi vedo come una donna di 61 anni, che, nonostante tutto, soprattutto nonostante la sua età, lavora nella moda e ama farlo. Poi, certo, sulle passerelle o nei servizi fotografici puoi apparire esagerata, ma quella, appunto, è solo apparenza».

A volte non si riconosce?
«Mi sono accorta che tutto gira intorno a come vuoi essere riconosciuta esternamente. Il rischio è che la moda perda il suo lato divertente e diventi solo superficialità da fashion victim. Ciò che è importante è lo stile. E non è fatto solo dall'abito».

Com'è l'immagine della donna?
«La parola femminilità, così come virilità, non le capisco molto. Credo nello stile e nell'eleganza. Spesso la femminilità viene associata all'indossare tacchi alti e rossetto. Per me non è questo».

E come è essere donna nella moda?
«Grandi nomi femminili hanno fatto la storia di questo mondo. Penso a Gabrielle Chanel, madame Lanvin, Elsa Schiaparelli, ma anche a Miuccia Prada o a Sonia Rikyel o, recentemente, a Maria Grazia Chiuri da Dior. È come un libro: una volta che lo hai letto e chiuso non ti chiedi se lo ha scritto un uomo o una donna, ma solo se ti è piaciuto. Sicuramente una donna può avere più sensibilità sul capire cosa può piacere indossare a un'altra donna».

Come vede il nuovo mondo "patinato" dei social?
«Bisognerebbe essere più spontanei. Spesso trattiamo Instagram come  fosse una rivista con soltanto belle foto e bei momenti».

La moda l'ha portata e la porta spesso lontano da casa, tra viaggi frequenti e vita frenetica. Si è mai sentita in colpa con le sue due figlie?
«È difficile per ogni donna che lavora coniugare gli impegni professionali e la famiglia. Io sono stata anche fortunata, perché ho avuto persone che mi hanno aiutato, ma non per tutte è così. Si ha questa idea di essere perfette sempre, a casa e in ufficio. Lo pensavo anche io, ma non è così, è impossibile. Dimenticatevelo! Credo comunque che una mamma in carriera e felice e soddisfatta di quello che fa sia un buon esempio per i suoi bambini e poi bisognerebbe cercare di non portare i problemi di lavoro in casa. Essere angosciate, esauste, nervose per qualcosa che è successo fuori arriva ai figli e non va bene».

La donna com'è vista nella moda?
«Abiti o accessori dovrebbero farti sentire a proprio agio. Perché è inutile indossare tacchi: non è quello a renderti donna, se poi, soprattutto, non sai camminarci. Alcune volte l'immagine che la moda propone della donna è un po' dannosa: è vista come una bambola, con lunghi capelli e rossetto rosso, un'esagerazione di stereotipi. Ma questo avviene anche in tanti altri ambiti».
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