L'orto in una lavatrice, l'invenzione di Giorgia Pontetti: «Sogno la mia serra su Marte»

Giorgia Pontetti e la sua serra orto con la tecnica dell idroponica
di Rosalba Emiliozzi
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Giovedì 10 Ottobre 2019, 16:00 - Ultimo aggiornamento: 11 Ottobre, 10:59

Un mondo senza caporalato, fitofarmaci, grandi bayer. Applicando una scienza antica, l’idroponica, tramandata da babilonesi e azetchi. È la visone dell'agricoltura in casa, e perché no, sul pianeta Marte, di Giorgia Pontetti, 42 anni, ingegnere elettronico e astronautico, di Rieti. Il suo orto del futuro è pensato come una lavatrice, ma invece di lavarci abiti e lenzuola viene trasformata in un orto dover piantare insalata e pomodori senza terra. «Sono ortaggi che crescono in ambiente sterile, senza malattie o parassiti, quindi non servono additivi e fitofarmaci. Né serve il pollice verde, le verdure crescono con poca acqua ed energia elettrica, sono freschissime, un super food, con 40 volte in più del carico di vitamine e i pomodori, ad esempio, sono nikel free e possono essere mangiati da tutti coloro che hanno allergia: il 32 per cento in Italia e il 20 nel mondo».

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In più non si contamina il pianeta, la “lavatrice-orto” che si chiama Robot-Farm è a prova di cambiamenti climatici, ecologica, pulita, abbatte i costi dei trasporti e di inquinamento. E qualche famiglia ha anche scelto di acquistarla, ma è ancora un prodotto di nicchia.
«Ho contattato tutti i più grandi produttori mondiali di elettrodomestici per chiedere se fossero interessati alla produzione o alla commercializzazione di questo prodotto, ma nessuno mi ha risposto» dice l'ingegner Pontetti. Che però non demorde con la Robot-Farm che lo scorso anno ha vinto un premio speciale alla Maker Faire Roma, la più grande fiera della tecnologia, che le ha dato molta visibilità e lo sprint per proseguire sulla strada della coltivazione senza suolo.

E quest'anno ha fatto il bis. Due suoi progetti, basati sull'idroponica, sono stati selezionati a partecipare all'edizione 2019 del “Maker Faire Roma - The European Edition”, in programma dai 18 al 20 ottobre. Si tratta di due container Vertical Farm (fattoria verticale), di diverso utilizzo, per coltivare verdura bio, uno in città e l'altro in condizioni estreme come possono essere il deserto, l'Antartide o la Luna.  Il primo è a scopo civile, il secondo a uso militare. Con l'idroponica, per Giorgia Pontetti, è stato amore a prima vista. La prima volta che ne ha sentito parlare è stato qualche anno fa, da un professore universitario durante una conferenza. «Il prof disse: quando andremo a stabilirci su Marte potremo coltivare frutta e verdura con l'idroponica. E' come se mi fosse scattato qualcosa dentro, sono andata a studiare questa tecnica, usata già dai babilonesi e dagli aztechi, e mi sono messa a progettare prima il Robot- Farm poi la Vertical-Farm».  

Poche donne esperte in tecnologia

Oggi il sogno dell'ingegnere Pontetti, che lei chiama «obiettivo illuminato», si chiama serra spaziale: «Vorrei poter imbarcare in una sonda in missione spaziale la mia serra-orto idroponica per poter produrre verdure sulla Luna o su Marte». Intanto prosegue il suo lavoro con l'idroponica sul pianeta Terra. Ha partecipato a un bando della Regione Lazio con un progetto denominato “Sole”, per poter costruire a terra un prototipo di orto-spaziale. Determinata e decisa, l'ingegnere Pontelli va avanti per la sua strada. Con il papà Antonio, ingegnere anche lui, ha fondato un'azienda specializzata in ingegneria a Carsoli, in Abruzzo, dove lavorano anche la mamma e la sorella. E lei, che ama l'agricoltura e l'aria aperta come il nonno, dirige anche un'azienda agricola con fattoria didattica e vendita di prodotti a Rieti.
 
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Fin da bambina Giorgia scriveva nei temi che da grande voleva fare «l'ingegnere o l'astronauta». E quando c'è stato da scegliere l'università, ne ha fatte due, prima Ingegneria elettronica a Roma Tre e poi Ingegneria astronautica alla Sapienza di Roma. «In alcuni corsi ero l'unica donna a lezione e non è stato facile - racconta Giorgia - il primo anno ho subito una doppia ghettizzazione, perché venivo dal liceo classico e perché ero donna. Allora erano delle anomalie, anche se poi le statistiche dicono che chi frequenta il Classico si laurea nei tempi  e le donne si laureano prima degli uomini anche negli studi scientifici». Una volta laureata, Pontetti si è dovuta scontrare con il famoso soffitto di cristallo che tante volte ha frenato la sua corsa, le sue idee: «In alcuni ambienti per le donne è più difficile, ti trovi davanti un consesso di uomini che non sceglie una donna per gradi apicali o per determinati progetti scientifici. Per questo ho abbandonato la carriera universitaria che pure mi sarebbe piaciuta. Ai mie tempi dovevi essere disposta alla sottomissione, dovevi diventare uno straccio del professore di turno e non è nel mio carattere, a me piace replicare, dire la mia come quando mi sono trovata davanti a un elaborato di idraulica con calcoli matematici sbagliati, l'ho fatto notare e il docente mi ha detto che non dovevo permettermi di criticare il lavoro del collega, era un uomo. Oggi le cose, specie all'università, stanno cambiando, ci sono molto più ricercatrici, ma nei primi anni del Duemila, quando mi sono laureata io, non era facile». Ma Giorgia Pontetti non è mai arresa, combatte per le sue idee e lo fa senza convenzioni, usando la testa e sfidando tutti con i suoi tatuaggi in bella vista, quelli che fanno storcere il mano «ai vecchi prof, che mi guadano ancora con una certa diffidenza». 
 

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