Jennifer Guerra, femminista Millennials: «La nostra cultura ritiene lo stupro una sorta di incidente di percorso»

Jennifer Guerra
di Valentina Venturi
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Giovedì 11 Giugno 2020, 12:53

Jennifer Guerra è una Millennials a tutti gli effetti, essendo nata nel 1995 in provincia di Brescia. Eppure in lei convivono il digitale e l'analogico. Scopre il femminismo tramite internet durante la quarta ondata, inizia a scriverne nel 2013 grazie a “Soft Revolution Zine”, una rivista femminista online dal taglio fresco e pop, è appassionata di Simone de Beauvoir e in questi giorni pubblica per edizioni Tlon il suo primo libro “Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà”.
 
Giovane, ma già adulta?
«Questa cosa di essere giovane ho paura che diventi un’etichetta, ma in effetti al momento oltre a Irene Facheris e alle ragazze di Senza rossetto, credo manchi un libro sul femminismo scritto da ragazze molto giovani».
 
Walt Whitman ha scritto la poesia “Io canto il corpo elettrico!”: ha preso spunto per il titolo?
«Il corpo elettrico è una caratteristica di noi donne e mi sono accorta che la bellissima poesia di Whitman è un messaggio femminista: dice che non esiste una discontinuità tra il nostro corpo e quello che noi siamo, il corpo è uno strumento per conoscere il mondo».
 
Perché crede che desiderio sia una parola chiave?
«Mi sembra il motore di tutto quello che facciamo noi donne, avendo anche una storia di negazione e repressione dei nostri desideri, degli istinti, del ciclo mestruale e della nostra sessualità. Questa elettricità del titolo è il desiderio di autodeterminazione, che penso sia il motore e il tema principale del femminismo».
 
Cosa è il Male Gaze?
«Lo sguardo maschile. Nasce nell’ambito della critica cinematografica e riassume il modo di rappresentare culturalmente il mondo: maschile. Basta aprire un’antologia di letteratura per vedere che il 99% degli autori sono uomini e magari per le donne se va bene c’è un trafiletto. Gli uomini hanno sempre detenuto il potere».
 
Mentre il Rape Joke?
«Sono le battute sullo stupro, ormai normalizzate nella quotidianità e a volte pronunciate con leggerezza da autorità. Sono molto presenti perché la nostra cultura ritiene lo stupro una sorta di incidente di percorso, che succede ogni tanto e di cui dobbiamo farci una ragione. Senza considerare che non si tratta solo di un fatto di cronaca isolato in sé, ma è reso possibile e normalizzato da una cultura: da Il ratto delle Sabine, alla battuta sul cloroformio, fino alla maglietta del vicesindaco leghista “se non puoi sedurla puoi sedarla”, sono fattori che messi assieme creano una cultura assolutoria verso la violenza sessuale».
 
Corpo e dolore nelle donne vanno di pari passo?
«Gran parte dell’oppressione che le donne hanno subito è dovuta allo sfruttamento della dimensione corporea. È considerato quasi inaccettabile che una donna sia padrona del proprio corpo e che possa scegliere di non avere un fine, uno scopo, una giustificazione. Il dolore c'è e non dobbiamo demonizzarlo, ma l’idea atavica che le donne siano destinate alla sofferenza deriva dallo sfruttamento continuo del nostro corpo in senso utilitaristico, che è un fine diverso dal prenderne consapevolezza».
 
Come evitare la strumentalizzazione?
«Il concetto di desiderio è la chiave visto che il desiderio non si può controllare né condizionare dall’esterno così facilmente, come invece avviene con le politiche normative sul corpo. Per quanto sia convita che la parità formale e l’uguaglianza siano importanti è anche importante valorizzare il desiderio. Partire dal sé».
 
Ha un riferimento letterario?
«“Il secondo sesso” di Simone de Beauvoir è presente ed è il testo base del femminismo; ogni volta che lo rileggo trovo chiavi di lettura nuove, anche se alcuni discorsi possono risultare datati. La frase "Donna non si nasce, lo si diventa" ha in sé una possibilità interpretazioni infinite; eppure a tutti i testi di filosofia greca scritti da uomini riconosciamo il carattere di universalità, mentre con i testi femministi in generale dobbiamo tenere conto delle contestualizzazioni storiche...».

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