Federica Pellegrini e Simona Quadarella: forza, non fortuna

Federica Pellegrini
di Maria Latella
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Giovedì 25 Luglio 2019, 09:04 - Ultimo aggiornamento: 26 Luglio, 11:20
Alle donne alfa tocca spesso fingere di essere beta per non impensierire i maschi. Colleghi, capi e, certo, perfino mariti e fidanzati. Era ed è ancora così. In molti settori. Quasi tutti. Tranne che nello sport. Perché lì se sei alfa come Federica Pellegrini o come Simona Quadarella, alla fine è difficile convincerti del contrario. Contano i fatti, le performance, la tenacia e i risultati. Per questo nella categoria maschile di cui sopra non può essere catalogato Gregorio Paltrinieri, splendido oro con record europeo degli 800 giusto pochi minuti prima di Federica.
Il successo della Pellegrini al mondiale in Corea, la vittoria di ieri, non è perciò solo lo straordinario successo di una straordinaria atleta. È una storia che mi piacerebbe raccontare a Olivia, una quattordicenne che ama lo sport e la competizione. È una storia che le ragazze, dagli otto agli ottanta anni, dovrebbero sentire cosa loro perché la storia, e l'esempio, di Federica e di Simona Quadarella, altro oro sui 1500 stile libero, esaltano, al massimo livello, i punti di forza di tante, tantissime donne.

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Il fatto è che non sempre lo sanno. Per questo, qui e ora, parliamo di Federica e di Simona. Perché tante Olivia, Giulia, Martina, le Pellegrini o le Quadarella di domani, sappiano che si può. Non solo per conquistare medaglie e stabilire record. Per credere in se stesse, punto e basta. E vincere sulle grandi e piccole difficoltà della vita.
Quello che vorrei raccontare alle quattordicenni di oggi è che non si diventa Federica Pellegrini o Simona Quadarella senza provare dolore, paura, disperazione anche.

Aveva sedici anni ed era una ragazzina della provincia veneta, Kikkafede, quando ai Giochi di Atene riconsegnò al nuoto femminile italiano il podio olimpico. Da allora successi straordinari ma anche il complesso di essere l'eterna seconda, una femmina semi alfa, non alfa del tutto.
I luoghi comuni sulle qualità femminili - tenacia, perseveranza, la voglia di fare bene - alla fine però servono, sono veri e consegnano alla Federica Pellegrini delle Olimpiadi di Pechino due record del mondo e la certezza di essere una numero uno.

Come è noto, la solitudine accompagna i numeri uno, e se perdi un maestro come l'allenatore Alberto Castagnetti, la solitudine può diventare paura, perfino panico. Se sei molto giovane e il successo ti travolge puoi commettere grandi stupidaggini. Federica le sue stupidaggini le ha cercate e portate a termine, ma ha avuto anche la saggezza di accorgersene, fermarsi, ricominciare.
Più che delle vittorie, vorrei raccontare alle quattordicenni del nostro tempo le sue sconfitte. Vorrei raccontare di come da quelle sconfitte, con larghe inesorabili bracciate, Federica sia risalita su fino a collezionare anche quest'ultimo oro.

E vorrei raccontare di Simona Quadarella che l'altro ieri, dopo aver conquistato l'oro mondiale, piangendo diceva: «Sapevo di vincere. Non vedevo l'ora di entrare in acqua. Mi sono detta usa la testa».

Usa la testa: le ragazze alfa alla testa ci tengono. Simona Quadarella che non è ancora Divina, che di sé ancora non dice «sono infinita» perché non è quel tipo di alfa, Simona che però, come Federica, vede ancora nella vittoria il gioco: «Ogni volta che vinco mi diverto sempre di più». Simona, che ha solo venti anni, dieci in meno rispetto a Federica, ma come lei nel momento della vittoria piange e dice: «Non ci credo».
E se le dicono «sei stata fortunata» perché la sua competitor numero uno Ledecky ha dato forfait, sa rispondere: «La fortuna va a chi si impegna». Simona Quadarella lo sa. La Divina Pellegrini lo sa. Le donne alfa non lo dimenticano mai: «La fortuna senza impegno non arriva».
 
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