Farah, costretta ad abortire in Pakistan: «Dopo l'inganno e le botte, ora sono libera»

Farah, costretta ad abortire in Pakistan: l'inganno, la violenza e ora il sapore della libertà
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Venerdì 20 Dicembre 2019, 13:32 - Ultimo aggiornamento: 22:04

Farah Tanveer, la ragazza di origine pakistana che un anno e mezzo fa venne portata con l'inganno da Verona in patria dove fu fatta abortire del bimbo di cui era incinta, ha rinunciato alla sua famiglia. «Sono orgogliosa della mia indipendenza. Faccio la cameriera e magari non era il lavoro che sognavo ma ci pago l'affitto e le bollette, e la sera posso uscire e incontrare chi voglio. Un giorno mi sposerò. O forse no. Di sicuro, se dovesse accadere, sarà con una persona che amo e che non mi tratterà come un oggetto di sua proprietà».

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Ventunenne, la giovane ha parlato per la prima volta al Corriere del Veneto, ricostruendo la vicenda che la vide vittima della sua famiglia tradizionalista, che non accettava la gravidanza e che la portò in Pakistan con la scusa del fidanzamento del fratello, poi sottoponendola a violenze fisiche, e infine sottoponendola a un aborto contro la sua volontà. Di nascosto Farah riuscì a inviare messaggi al fidanzato, innescando l'operazione del Governo che la riportò a Verona: «Semplicemente - racconta - gli agenti entrarono in casa e mi invitarono a seguirli. Mamma era terrorizzata da ciò che avrebbero pensato i vicini vedendomi andare via con i poliziotti e mi implorò di negare tutto. Promise che sarei tornata in Italia e avrei potuto sposare Cristian. Scelsi di andare via con la polizia, e la guardai piangere. Ero salva: avevo dato un taglio definitivo a quel rapporto malato».


Quella storia d'amore oggi è terminata - «Continuo a volergli bene, ma ciò che abbiamo vissuto ci ha cambiati in misura diversa» - e Farah qualche settimana fa ha testimoniato in tribunale contro suo padre, denunciato per maltrattamenti. «Per lui sono una vergogna ma questo mi lascia indifferente: non può più ferirmi», conclude.

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