Ricerca: Il peso maggiore della pandemia è sulle spalle delle donne che lavorano nella sanità

Ricerca: Il peso maggiore della pandemia è sulle spalle delle donne che lavorano nella sanità
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Domenica 26 Aprile 2020, 10:29

Esposte al contagio e preoccupati per i propri familiari: la pandemia sta avendo un impatto significativo sulla vita sociale e familiare, oltre che professionale, degli operatori sanitari, prevalentemente donne, impegnate in prima linea per contrastare la diffusione del virus.

Il 30% dei professionisti della sanità ha scelto di vivere lontano dai familiari per evitare il rischio di trasmissione domestica. Questa è la situazione fotografata dai risultati di una indagine sull’impatto sociale per gli operatori sanitari condotta dall’associazione Women For Oncology Italy. Lo studio ha coinvolto circa 600 professionisti della sanità italiani, di cui la maggior parte donne (circa il 75%). Si tratta dimedici specialisti (63%), infermieri (21%) e specializzandi (9%) che svolgono il loro lavoro principalmente nel reparto di oncologia (59%). Oltre l’83% degli intervistati dichiara di non vivere da solo.

Dall’inizio della pandemia in Italia sono stati contagiati quasi 17.0001 professionisti sanitari.L’83% degli operatori che hanno risposto al sondaggio si è detto consapevole del rischio di sentirsi maggiormente esposto alla possibilità di contrarre il virus rispetto alla popolazione generale a causa della propria professione. Il timore del contagio però è rivolto soprattutto ai propri familiari: il 72,4% degli intervistati reputa di poter esporre a questo rischio anche i propri partner, figli e genitori.

«Molti operatori che stanno lavorando in prima linea sono donne e madri, costrette ad allontanarsi dai loro figli o a non poter più accudire i genitori anziani. Siamo preoccupati e costretti a isolarci, con tutte le conseguenze psicologiche che questo comporta» ha dichiarato Rossana Berardi, Direttore della Clinica Oncologica Ospedali Riuniti di Ancona.

«Forte è la preoccupazione di contrarre il virus che però non riguarda solo gli operatori sanitari, ma coinvolge anche i nostri familiari. Per questo, molti di noi hanno scelto di allontanarsi dal proprio nucleo familiare per mettere in sicurezza i propri affetti ed evitare che possano essere a loro volta soggetti all’infezione, consapevoli che la distanza di oltre un metro, oggi, è un atto di amore» ha aggiunto.

Mantenere le distanze per i 2/3 dei partecipanti all’indagine ha avuto ripercussioni sulla propria vita familiare (il 54% risponde “si”, il 16% “abbastanza”).

Coloro che scelgono di rimanere insieme alla propria famiglia hanno naturalmente adottato misure di sicurezza per ridurre il rischio di infezione, come una divisione della zona notte, il mantenimento delle distanze di un metro o più e una rinuncia ai contatti ravvicinati specialmente con i bambini.

Il distanziamento sociale, come per il resto della popolazione, ha coinvolto principalmente gli anziani, la categoria più gravemente colpita dalla pandemia: l’80,7% degli intervistati ha dichiarato di non vedere i propri genitori da oltre 14 giorni. L’isolamento ha portato però anche ad una ancora più dolorosa lontananza dai propri figli: il 60,7% degli operatori sanitari coinvolti nella survey riporta di non avere contatti ravvicinati con loro da meno di 7 giorni e il 32% da oltre due settimane. Le difficoltà maggiormente riscontrate dagli operatori sanitari sono state il reperimento di badanti (10,7%) e baby-sitter (22,5%), in aggiunta a quello della spesa (54,4%).

«Abbiamo voluto condurre questo studio per accendere i riflettori e sensibilizzare sull’impatto sociale che questa emergenza sanitaria sta avendo sugli operatori sanitari e, in modo particolare sulle donne che svolgono queste professioni» spiega Marina Garassino, Presidente di Women for Oncology Italy 

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