Quando parlano solo uomini, la campagna per la parità anche nei convegni

Quando parlano solo uomini, la campagna per la parità anche nei convegni
di Valeria Arnaldi
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Sabato 10 Ottobre 2020, 14:29

«Le dichiarazioni di un uomo sono considerate opinioni. Le considerazioni di una donna sono opinabili», diceva Marya Mannes, critica americana, scomparsa, a 85 anni, nel 1990. Sono passati decenni da quell'affermazione, è un nuovo millennio, eppure il tema rimane attuale. A giugno scorso, il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano ha deciso di non partecipare a un confronto virtuale con sindaci ed esperti sulla ripartenza dopo la pandemia, perché nel panel figuravano solo uomini: «È l'immagine non di uno squilibrio, ma di una rimozione di genere», commentò. I manel - termine nato per indicare i panel esclusivamente maschili - sono ancora molti. E se i protagonisti non sono solo uomini, sono comunque, spesso, la stragrande maggioranza.
«La reazione del ministro Provenzano ha avuto vasta eco, ma nulla è cambiato. Anche ora, vediamo continuamente panel esclusivamente al maschile in più ambiti, nonostante ci siano tante esperte qualificate nei vari settori», dice Patrizia Asproni, presidente Confcultura, presidente Museo Marino Marini di Firenze e ideatrice di #Boycottmanels, campagna contro l'invisibilità delle donne in convegni e conferenze. «Boycottmanels è nato da un atto di indignazione. Vedendo un panel di soli uomini sulla cultura, settore in cui le donne sono preponderanti, ho lanciato l'hashtag. Il consenso è stato immediato e fortissimo. Le donne che si laureano sono più degli uomini e abbandonano meno gli studi. Hanno un senso più spiccato del dovere. Eppure sono poche quelle in posizioni apicali e nei tavoli importanti sono pressoché ignorate. È la prosecuzione di una tradizione patriarcale. Quando, con Boycottmanels, scriviamo agli organizzatori di panel per sottolineare la presenza preponderante o esclusiva di uomini, spesso rispondono che le invitate non potevano essere presenti. Verificando, magari si scopre che è stata contattata una sola potenziale relatrice».
I CASI
Il trend interessa vari ambiti. Tutte maschili, a novembre 2019, le personalità presso la Corte d'Appello di Roma per il convegno Dai maltrattamenti all'omicidio, sulla legislazione in materia di violenza di genere. Al festival della Bellezza, conclusosi da poco a Verona, su ventidue protagonisti, due donne. Non a caso, Non una di meno ha lanciato Erosive, contro-festival al femminile. La strada è lunga. «Le donne hanno maggiore consapevolezza dei propri diritti e della necessità di combattere per affermarli. Ci sono anche uomini che sostengono tale battaglia. Il lockdown ha reso più evidenti certi disagi. Stare a casa ha riportato le donne indietro da un certo punto di vista, facendo gravare su di loro il peso del caring, ma le ha rese più determinate». Alla radice dei manel, un problema culturale. «Come tante, ho incontrato difficoltà nel corso della carriera per il fatto di essere donna: molestie e mansplaining, l'atteggiamento di uomini che spiegano a una donna cose delle quali è esperta. Combattere è faticoso, farlo sempre è molto faticoso, alcune a un certo punto smettono, sfiduciate. Ora però le donne fanno rete». E creano database di esperte contro l'invisibilità: The Brussels Binder, Inspiring Fifty, 100 esperte e altri. La questione è pure politica.
IL G7
Per rendersene conto basta una foto del G7 a luglio 2019: i leader erano tutti uomini. Tra i temi, la parità di genere. «L'Italia è stata ripresa più volte dall'Europa per la mancanza di politiche di genere, ma tutto rimane com'è - conclude - Nelle campagne elettorali, sono poche le candidate visibili, molti i candidati evidenti. La parità di genere nelle liste è, spesso, uno specchietto per allodole. Noi lanceremo la campagna per un Presidente della Repubblica donna per il 2022. È il momento».
 

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