Enea, donne super qualificate ma ai margini del potere nel settore dell'energia

la ricercatrice Patrizia Paganin al lavoro in laboratorio
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Venerdì 12 Luglio 2019, 14:54

In Italia ci sono donne super qualificate nel settore energetico ma che non hanno accesso alle posizioni apicali. È quanto emerge dal secondo rapporto sulla parità di genere nel settore, coordinato dall’ENEA nell’ambito del Technology Collaboration Programme dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA). I dati evidenziano che l'Italia pur raggiungendo una buona posizione nella formazione scientifica con il 37% di donne sul totale dei laureati - contro il 40% della Svezia, che ha partecipato all’indagine insieme ad altri cinque Stati (Australia, Austria, Canada, Cile e Finlandia)- si posiziona a decisamente livelli inferiori come percentuale di ministri donne competenti in materia di energia (una media del 13% nel periodo 1980-2017, contro il 31% della Svezia al primo posto). La situazione non migliora se si considerano le attuali commissioni parlamentari dove l’Italia è ultima per la posizione apicale e si colloca poco meglio per quelle di vice (25%) o in generale nella composizione dei membri (25%).

Nelle società private più rilevanti del settore, l’Italia non ha amministratori delegati donne ma ha il maggiore numero al femminile di presidenti (al primo posto con il 40%) e di membri di CdA (anche qui prima con il 35%, percentuale incrementata anche dall’applicazione della legge 120 del 2011 sulle pari opportunità nelle società quotate). Per le associazioni di industriali è al livello più basso in tutte le posizioni rilevate. Infine, nel settore della ricerca, le italiane sono ai vertici per le figure di direttore generale o equivalente (22%, al secondo posto dopo il Canada), ma nessuna ricopre la carica di presidente e siamo all’ultimo posto nel management (23% di posizioni di incarichi di struttura).

«Le barriere che le donne affrontano nel settore energetico sono simili a quelle che affrontano nei Paesi industrializzati in altri campi. Tuttavia, molti studi hanno dimostrato che una maggiore presenza delle donne nei diversi settori dell'economia porterebbe benefici economici e sociali a tutti. Pertanto, è necessario coinvolgere i decisori sia nel settore pubblico che in quello privato affinché si impegnino a rimuovere gli ostacoli per favorire la parità di accesso ai diversi percorsi professionali», spiega la ricercatrice  Elena De Luca.

 

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