L'autrice Daniela Delle Foglie: «Ci hanno educato a essere sempre carine, e così cresciamo con poca autostima»

Daniela Delle Foglie
di Valentina Venturi
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Domenica 26 Luglio 2020, 17:56

«La comicità femminile è più recente e porta del materiale nuovo; le comiche stanno esplodendo negli ultimi anni». A parlare con cognizione di causa è Daniela Delle Foglie, classe 1983 con un curriculum di tutto rispetto: è story editor, autrice per Michela Giraud CCN per Comedy Central e sceneggiatrice televisiva ("Che Dio ci aiuti", "Non dirlo al mio capo" e "Don Matteo"). Ma il vero salto di qualità personale è avvenuto nel 2016, quando sale per la prima volta sul palco dell’Oppio caffè a Roma per partecipare a un open mic. Da quel momento le paure, gli imbarazzi e le insicurezze al femminile piano piano svaniscono. Al punto che ha di recente pubblicato per Mondadori il suo secondo libro: dopo il romanzo del 2015 “La felicità delle suore” ha scritto il memoir “L’amore va nell’umido?”. Un libro confessione.

La comicità ha un genere?
«Michela Giraud sostiene che sia unisex, che non esista differenza tra femminile e maschile. Io penso che una piccola differenza ci sia: la comicità femminile è più recente e ha in sé del materiale nuovo. Rispetto all’uomo etero che ha fatto comicità da sempre è chiaro che le donne portano novità. Lo dico in un dialogo nel mio libro: “Quando sale l’uomo etero il pubblico è già annoiato perché quelle cose le ha già sentite. Se sale un omosessuale, una lesbica o una donna c’è qualcosa di nuovo da ascoltare”».

Cosa l’ha spinta a fare stand-up comedy ?
«È stato uno sfogo rispetto al lavoro che facevo prevalentemente: lavoravo per la tv generalista ed andare sul palco è stato un modo per prendermi in giro. Se non avessi fatto stand-up non sarei riuscita a scrivere “L’amore va nell’umido?”». 

Come mai?
«La stand-up comedy è comicità che si basa sul raccontarti: sali sul palco e parli delle tue sfighe. Per far ridere gli altri prendi in giro te stesso; se non lo fai su di te non puoi poi prendere in giro gli altri, è una sorta di legge non detta. Quindi in realtà mi ha fatto capire che parlando di cose molto personali arrivavo alla risata perché il personale alla fine diventa universale. La forza è stata pensare che la mia vita potesse interessare a qualcuno. Il racconto di una sfiga fa ridere, riflettere e ritrovarsi. È catartico».
 
“L’amore va nell’umido” è autobiografico?
«È un memoir in cui racconto un periodo turbolento della mia vita. Dentro ci sono chiaramente episodi e personaggi vissuti, che mi servivano per dare un messaggio».
 
Quale?
«Nella vita ti affanni a cercare qualcuno che sia la soluzione dei tuoi problemi e poi ti accorgi che prima devi cercare te stessa. Se non sai in generale cosa vuoi e chi sei, è difficile trovare qualcuno con cui condividere una vita. È una questione di autostima».
 
Perché, alle donne manca?
«Penso sia una quesitone culturale. Siamo in tante ad avere l’autostima bassa quindi non può essere solo relegata a situazioni personali, poi chiaramente ognuno ha una propria storia. Evidentemente è un problema culturale».
 
Ne parla nel libro?
«Il capitolo “Mettiti carina” ne è un esempio: siamo state educate all’idea che prima bisogna preoccuparsi di apparire in un certo modo, per poi essere scelte da qualcuno. Questa impostazione non nutre la stima di noi stesse che se coltivassimo, invece di pensare ad essere appetibili per qualcuno, ci farebbe sentire più forti, ci apprezzeremmo di più».
 
Quest'educazione a cosa ha portato?
«È servita probabilmente a tenerci a bada. Basta pensare alla televisione: prima i film e le serie tv di rado erano scritte da donne, il punto di vista era maschile, come nella musica. Sono cresciuta con la sensazione che fosse meglio stare al proprio posto e non dar fastidio. Adesso è diverso e probabilmente lo sarà sempre più anche grazie a come si educheranno le bambine. Che poi è tutto lì, è un fattore culturale. Anche nei cartoni non c’è più la principessa che aspetta il principe, i personaggi ora hanno un obiettivo e questo cambia inevitabilmente la percezione della vita».

Perché l'amore va nell'umido?
«Vivendo a Roma sono ossessionata dalla raccolta differenziata e dall’organico! Quando vivi delle relazioni che finiscono, quell’amore lì non sai dove metterlo. L'’indifferenziato è brutto perché ci va un po’ tutto, invece l’umido è preciso! L’amore nell’indifferenziato non ce lo metterei, nell’umido sì, perché rinasce».
 
Tra vent’anni la comicità come sarà?
«Forse non si farà più distinzione, ci saranno più donne in ogni settore, non solo nella comicità. Penso si debba partire all’origine: per fare la comica devi avere il coraggio di raccontarti anche nei tuoi aspetti meno seduttivi, anche nel tuo fare schifo. Alle donne non è mai stato concesso. Gli uomini possono fare schifo e le donne no, invece per far ridere devi avere anche quella cifra. Quando una ragazzina non dovrà essere sempre carina, voler fare comicità sarà naturale e non un ostacolo».

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