​Claudia Arisi, Sos Children’s Villages International: «Così aiutiamo i bambini di tutto il mondo»

Claudia Arisi
di Valentina Venturi
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Sabato 11 Luglio 2020, 16:56 - Ultimo aggiornamento: 16:57

Claudia Arisi è la Global Advocacy Advisor di "SOS Children’s Villages International", la più grande organizzazione a livello mondiale impegnata da oltre 70 anni nel sostegno di bambini e ragazzi privi di cure familiari o a rischio di perderle. Con “Sos Villaggi dei Bambini”, presente in 136 Paesi e territori in tutto il mondo, ha curato in prima persona la traduzione delle “Linee guida sull’accoglienza dei bambini fuori dalla famiglia”. Si tratta di un libretto, una sorta di manuale/guida scritto da esperti del settore che nel 2019 è diventato il documento di riferimento internazionale per la riforma dei sistemi di protezione dei minorenni dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Arisi ha partecipato alla trasformazione del linguaggio da adatto per gli adulti a comprensibile per i più piccoli. Così ha imparato che non ci si deve fermare davanti a una visione dicotomica della realtà.
 
Da dove nascono le linee guida?
«Il progetto è partito dall’idea di fornire a bambini e ragazze uno strumento per informarsi e imparare a difendere i propri diritti, specialmente quando la prima linea di protezione – la famiglia – viene meno. Chi meglio di loro stessi poteva spiegarci che tipo di strumento li avrebbe maggiormente aiutati?».
 
Nel lavoro con i futuri fruitori, ci sono state richieste in ambito di gender gap?
«È stato interessante questo aspetto: hanno neutralizzato tutte le frasi dove c’era scritto bambino o bambina, ragazza o ragazzo. Per cui abbiamo scelto una definizione più in generale: “Tu hai diritto a cure di qualità e non importa quale sia la tua razza, istruzione e provenienza e se sei un bambino o una bambina”. Non bisogna mettere il tuo genere».
 
Per quale motivo?
«Non tanto per una questione tra maschi e femmine, quanto per la vecchia visione dicotomica del mondo. Mi hanno fatto notare che esistono anche bambini transgender; bambini o adolescenti che stanno scoprendo la loro identità di genere nel momento in cui sono in accoglienza in una casa famiglia. Si potrebbero sentire esclusi se il mondo venisse dipinto dicotomicamente tra ragazzo e ragazza. È stato un commento all’avanguardia».
 
Una parte del libretto è occupata dalle immagini: li avete coinvolti?
«Sia nel concept grafico del libretto, che nella valutazione di diverse versioni delle illustrazioni. Abbiamo identificato tre implicazioni del linguaggio visivo cui prestare attenzione. Primo: le immagini possono essere interpretate a seconda del contesto socio-culturale: una mano che impugna una penna in certe parti del mondo viene percepita dal bambino come un arto amputato… Secondo, evitare di toccare corde che potrebbero innescare brutte emozioni e pensieri: rappresentare due genitori che litigano in modo troppo realistico, con faccia ed espressioni del corpo accese, può rievocare brutti ricordi e traumatizzare. Tre, per un linguaggio inclusivo, si deve neutralizzare l'elemento visivo discriminatorio: prevalenza di un particolare colore della pelle o di un particolare genere su un altro».
  
Chi avete consultato?
«Centinaia di bambini che vivono in realtà di accoglienza o di rafforzamento familiare, sia che fossero beneficiari dei programmi di SOS Villaggi dei Bambini che di altri enti, prestando attenzione alla parità di genere e alla partecipazione di bambini da gruppi particolarmente svantaggiati».
 
Avete curato anche il gender balance?
«Il libretto è il risultato di una consultazione fatta con bambini e bambine da 23 Paesi nel mondo e da tutti i continenti. Senza volerlo abbiamo consultato quasi il 50% tra ragazzi e ragazze, c’era un gender balance perfetto».
 
Sono emersi dubbi sulla discriminazione di genere?
«Avevano le stesse richieste. Anche se ogni esperienza è diversa perché come vengano in contatto con i servizi sociali è sempre una storia a sé, c’è una pluralità di casi e di servizi in molti paesi: non c’è stata differenziazione di genere. Forse ci sono dei topic, dei temi già cari alle ragazze rispetto che ai ragazzi come la salute riproduttiva, cose che forse sono più nella sensibilità. Devo dire che c’è una risposta abbastanza cross gender».
 
Come avviene la distribuzione?
«Non è limitata solo a chi è accolto e sostenuto dai Programmi SOS o in altre realtà di accoglienza fuori famiglia. Vogliamo coinvolgere, anche con l’aiuto dei fruitori stessi, più persone possibili, per sensibilizzare sul tema del diritto dei minorenni a cura e protezione, a scopo preventivo e di miglioramento della qualità degli interventi. Il nostro obiettivo è raggiungere più interessati possibili attraverso le nostre associazioni nazionali, che abbiamo la fortuna di avere in ben 136 Paesi, ma anche i partner in tutto il mondo. Per questo, la federazione di SOS Villaggi dei Bambini ha prodotto il libretto in diverse lingue».
 
Quante sono?
«Al momento, oltre all’italiano, il libretto è stato tradotto in inglese, francese, spagnolo, russo, arabo, portoghese, vietnamita».

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