Maternità, perché le donne che non vogliono figli devono difendersi?

Le donne che scelgono di non avere figli tormentate dalle domande sul perché della loro decisione
di Anna Franco
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Venerdì 31 Maggio 2019, 08:46 - Ultimo aggiornamento: 10:51
«E tu quando lo fai un bambino?». Rincarando la dose con vari «Non sai cosa ti perdi», «Guarda che dopo è troppo tardi» e via dicendo. E il fatto bizzarro è che le donne che non hanno o hanno deciso di non avere figli si sentono porre queste (indiscrete) domande non tanto dalla zia anziana, ma da amici, conoscenti, colleghi, perfetti sconosciuti.
«Mi ha interrogata in merito anche un taxista, per non parlare di giornalisti che a intervalli ciclici, brandendo microfono e un mio potenziale orologio biologico, mi domandavano perché non avessi ancora procreato », racconta l'attrice Michela Andreozzi, una che su questa malsana curiosità ci ha anche scritto un libro, Non me lo Chiedete Più (edito da HarperCollins).

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«Dopo le prime interviste in cui mi dichiaravo childfree - racconta - sono stata guardata storta, perché se hai un utero e non lo usi non stai bene di testa per la maggior parte delle persone. Sui social, poi, si sono scatenati putiferi, con molti uomini che mi hanno verbalmente aggredito apostrofandomi come una donna a metà, se erano in vena di complimenti. Sul lavoro devo ammettere che non ho avuto alcun problema, anche perché nell'ambiente artistico le avanguardie sono sempre viste bene. Poi, con l'uscita del libro ho, invece, ricevuto tanti messaggi di donne che erano nella mia stessa situazione, ma si sentivano elefanti rosa e non sapevano come dirlo al proprio compagno o ai genitori».
Tra loro Loly Cappello, 27 anni, cameriera, fotomodella e amministratrice, su Facebook, di un gruppo childfree: «Sui social l'insulto è all'ordine del giorno. Dal vivo le persone sono più pacate, anche se non mancano allusioni, paragoni, giudizi e un sottile modo di farti sentire diversa. Per l'uomo non è così, con lui nessuno insiste come con noi donne».
Monica Bernasconi ha quasi 40 anni, vive a Cantù ed è commessa in profumeria, «ma non voglio specificare di più, perché la mia scelta potrebbe crearmi qualche problema con i clienti». Racconta che tanti insistono con domande piuttosto personali di fronte alla sua decisione, ma soprattutto ricorda un attacco verbale molto pesante da parte di un suo ex: «Gli avevo specificato fin da subito che non volevo bimbi, ma non mi aveva presa sul serio. Quando ha capito che ero convinta della mia idea è andato su tutte le furie. È stata una cosa molto spiacevole».
Altre donne hanno così tanto timore di essere giudicate che preferiscono rimanere anonime, «perché parlare apertamente si potrebbe ripercuotere sulla mia attività lavorativa, che prevede contatti col pubblico».
Può sembrare strano, ma la situazione è questa. «Nella cultura mediterranea - spiega il sociologo Franco Ferrarotti - l'immagine prevalente della donna, compiuta, non più ragazza, è quella della madre, anche se la donna, così come l'uomo, dovrebbe avere in sé il proprio valore e non dovrebbe essere considerata una macchina riproduttiva. Negli ultimi tempi, anche in Italia, però, sono sempre di più quelle che non procreano. La denatalità, va detto, è anche collegata all'incertezza sociale. Mettere al mondo un figlio tra lavoro precario, grave crisi di orientamento, in un mondo tecnicamente progredito, perfettamente privo di scopo e moralmente incerto non è cosa facile».
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