India, la campionessa di lotta libera combatte i pregiudizi

Vinesh Phogat, campionessa indiana di lotta libera
di Gabriele Santoro
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Sabato 30 Maggio 2020, 10:22 - Ultimo aggiornamento: 8 Giugno, 21:22

Vinesh Phogat è stata la prima donna indiana a vincere la medaglia d’oro nella lotta libera ai Giochi asiatici. Alle Olimpiadi di Rio era una delle poche speranze del Paese di salire sul podio con il metallo più prezioso. Un appuntamento rimandato da un infortunio e ora dalla pandemia.

Phogat sta raggiungendo l’apice della propria carriera. Nei recenti Mondiali in Kazakistan si è aggiudicata un bronzo, ma il pensiero è rivolto a Tokyo, dopo aver compiuto il salto di categoria nella classe dei 53 chilogrammi. La prima medaglia olimpica, che risale a Helsinki 1952, vinta dall’India in una competizione individuale si deve proprio a un wrestler, Khashaba Dadasaheb Jadhav, proveniente dalla stessa area geografica.

La lottatrice venticinquenne rappresenta per l’India molto più di un’atleta di grande talento. Ha dimostrato con il suo equilibrio tra potenza e grazia che la lotta, disciplina amata nel paese, non si declina soltanto al maschile.

Phogat è diventata un simbolo politico nel contrasto delle disparità di genere e della violenza contro le donne, che segnano la società indiana. La scelta e il desiderio di Phogat di seguire la propria strada hanno avuto un impatto dirompente, seguendo la traccia di una storia famigliare inedita nello Stato di Haryana dalle tradizioni patriarcali conservatrici.

Ad aprire il percorso di Vinesh è stata la cugina, Geeta Phogat, anche lei una lottatrice. Nel 2010 ha conquistato l’oro ai Giochi del Commonwealth ed è stata la prima atleta nella specialità a qualificarsi alle Olimpiadi. La storia di Geeta e della sorella Babita è entrata nell’immaginario degli indiani grazie all’industria cinematografica di Bollywood. Il film Dangal, distribuito dal dicembre del 2016, che ripercorre la loro ascesa, è costato dieci milioni dollari e ne ha incassati circa trecentotrenta, appassionando in massa anche gli spettatori cinesi.

Per contestualizzare l’importanza delle Phogat è utile ricordare un dato: in Haryana si registra il tasso più alto di denunce per violenze sessuali, che hanno raggiunto nel 2015 il picco di 34mila. Lo Stato, situato nel nord dell’India, negli ultimi trent’anni si è posizionato in prima fila nella crescita generale tumultuosa. Nella regione si concentra il 2% della popolazione indiana e registra il Pil pro capite più alto, ma le diseguaglianze restano profonde, come appunto è radicata la piaga della violenza sulle donne.

La lotta libera è un’arte di famiglia per i Phogat, che hanno assunto un ruolo rivoluzionario in India, partendo dal villaggio di Balali. Mahavir Singh Phogat, anch’egli un lottatore ma di livello amatoriale, ha tramandato la propria passione allenando le quattro figlie, tra le quali Geeta, e due nipoti, Vinesh e Sangita, cresciute dopo la morte del fratello, assassinato per un conflitto sulla proprietà terriera. La volontà di Mahavir, fortemente contrastata nel villaggio, ha costituito una svolta culturale. Vinesh è l’ultima interprete della dinastia e promette di ottenere risultati ancora più rilevanti. Non si distrae con le luci della ribalta.

Nella sua forma tradizionale il pehlwani (lotta libera), sport diffuso nel subcontinente indiano dal Sedicesimo secolo, si combatte in una buca piena di fango e proprio lì dentro Mahavir ha gettato nella mischia figlie e nipoti. Dopo il successo e la relativa agiatezza economica nel villaggio è stata attrezzata una sala per i combattimenti con tappeti regolamentari e il classico equipaggiamento. In India si calcola che siano circa venticinque i centri di allenamento per le donne. L’esempio delle Phogat avvicina molte giovani.

Vinesh Phogat è fra i protagonisti del nuovo numero di The Passenger dedicato all’India. La casa editrice Iperborea ha creato una rivista interessante, che con edizioni monografiche di qualità si propone di raccontare paesi, raccogliendo saggi, reportage, racconti.

Nel reportage, pubblicato in The Passenger, la scrittrice Sonia Faleiro descrive così il villaggio di Phogat: «Balali è il tipico paesino della zona, composto da una serie ordinata di casette a un piano, con i muri di fango e i tetti di lamiera, su cui gli abitanti ammucchiano il mangime per gli animali, vecchie biciclette e altri oggetti per la casa, per avere più spazio all’interno. L’elettricità arriva a intermittenza e il combustibile principale è il letame di bufalo, il cui odore si diffonde nell’aria insieme ai cinguettii e al canto delle pavoncelle indiane. Donne con il viso velato si muovono rapide per svolgere i lavori domestici».

Vinesh ha stravolto questo paradigma che vede le neonate in subalternità fin dalla fase dell’allattamento. La madre Singh era preoccupata dalla nascita di sole figlie innanzitutto per una questione economica. In India la popolarità della Wrestling Pro League ha eguagliato quella del cricket. Milioni di persone guardano gli incontri trasmessi in diretta televisiva e ormai Phogat ha raggiunto i compensi degli omologhi maschi. La campionessa guadagna 500mila dollari all’anno, legati solo all’attività sportiva, e ha fatto costruire per la madre un’abitazione che sovrasta lo skyline del villaggio.

Premlata Singh ha compiuto scelte coraggiose, che hanno indicato alla figlia la via dell’emancipazione. Una volta rimasta vedova, ha rifiutato l’invito del cognato di andare a vivere con lui, senza curarsi dello sconcerto dei famigliari. Ha affrontato da single la vita sociale nel villaggio e il cancro, garantendo il sostentamento delle figlie. Con la pensione del marito ha attivato la pratica fondamentale del microcredito. La gestione diretta del denaro da parte delle donne è un motore di cambiamento nelle dinamiche locali.

Vinesh Phogat è una donna libera anche nel matrimonio. Ha sposato un lottatore, che non patisce il successo della consorte, e viaggiano insieme sfida dopo sfida con la reciproca indipendenza.

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