Barbara Cicioni, assassinata dal marito: lo Stato toglie la casa ai figli

Barbara Cicioni, assassinata dal marito: lo Stato toglie la casa ai figli
di Vanna Ugolini
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Sabato 23 Novembre 2019, 07:45 - Ultimo aggiornamento: 24 Novembre, 09:23

Gli eroi civili non indossano la divisa ma hanno un luogo spazioso dentro al cuore dove c’è posto per chi è in difficoltà. Gli eroi civili sono persone normali, come normale dovrebbe essere accogliere gli affetti feriti e stracciati da chi ha usato il potere e la violenza al posto dell’amore. Gli eroi civili dovrebbero essere premiati dallo Stato. Purtroppo non è sempre così. Pierfrancesco ed Elisabetta Pangallo sono due eroi civili. Oggi Pierfrancesco non c’è più, stroncato qualche mese fa da una malattia veloce e feroce, e tutto è rimasto sulle spalle minute ma fortissime di Elisabetta. “Tutto” è l’amore da dare ai propri figli e a quelli di Barbara Cicioni, uccisa dal marito Roberto Spaccino, nel 2007 mentre stava aspettando la loro terza figlia, Elena, all’ottavo mese di gravidanza. Un delitto che fece scalpore, che ferì il cuore dell’Umbria anche perché nella prima ricostruzione venne data la responsabilità del delitto a una banda di albanesi che in quel periodo faceva furti nella zona.

La verità, cristallizzata da tre sentenze – ergastolo; ergastolo; ergastolo – era un’altra: l’assassino era il marito di Barbara e padre della bimba che di lì a pochi giorni sarebbe nata. I due figli sopravvissuti vennero dati in affido agli zii materni, considerati i più idonei a dare un futuro a quei bambini. Pierfrancesco ed Elisabetta non si sono mai tirati indietro. I loro figli hanno diviso le camerette con i nuovi fratelli. Elisabetta interruppe una carriera in banca, scegliendo il part time per poter stare vicino ai quattro bambini. Piefrancesco, che era giornalista a La7, scelse di fare i turni all’alba, per avere anche lui una parte di giornata da dedicare alla nuova famiglia. “Tutto”, dunque, è stato ed è, ancora oggi, andare avanti, insieme, dare tanto amore a tutti, continuare a riparare le ferite nascoste sotto le cicatrici dei suoi “figli nuovi” (il più piccolo, che oggi ha 16 anni, è stato adottato dai Pangallo; il più grande che di anni ne ha 20, quando è arrivata la possibilità dell’adozione era già maggiorenne ed è rimasto nella condizione di affido), continuare a stare al fianco di tutti per aiutarli a costruire il loro futuro. Gli eroi civili dovrebbero essere premiati dallo Stato, dicevamo. Invece lo Stato, in questo caso, li sta danneggiando, sta ostacolando il futuro di questi bambini feriti, che oggi sono ragazzi che possono guardare, ancora, al futuro grazie agli zii e alla loro forza d’animo. Grazie all’amore che Barbara aveva saputo dare loro in quei pochi anni in cui è potuta stare al loro fianco. Il delitto è avvenuto in casa. Una casetta rosa che a vederla fuori sembrava quella delle bambole, con le persiane in legno verde accostate e lo scivolo per i bimbi nel giardino. Piccolina, inserita nella proprietà degli Spaccino, quasi un borgo dove i genitori e i fratelli di lui abitano tutti insieme. 

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«Quella casa era di Barbara e Roberto – spiega il legale della famiglia, l’avvocato Valeriano Tascini – La parte di Barbara che sarebbe dovuta andare al marito è andata ai figli, perché Spaccino è stato considerato indegno. Sulla parte che è stata ereditata da Roberto Spaccino, non è mai stato fatto il passaggio di proprietà nei confronti dei figli. Così l’Agenzia delle Entrate l’ha ipotecata per recuperare le spese che lo Stato ha sostenuto nel processo contro lo stesso Spaccino. Dunque il rischio è che i figli non possano ottenere nulla dalla vendita della casa: l’ipoteca messa dall’agenzia delle entrate è maggiore del valore stesso dell’intera casa». Invece quei ragazzi avrebbero oggi più prima necessità di disporre di un piccolo patrimonio per i loro studi e per il loro futuro. «Quella casa è difficile da vendere perché è inserita nella proprietà degli Spaccino. Con l’ipoteca finirà all’asta e verrà svenduta senza che ai ragazzi possa andare nulla. Oggi il governo sta preparando la legge sugli orfani dei femminicidi, che prevede lo stanziamento di fondi. In questo caso, invece, i ragazzi hanno un piccolo patrimonio ma non ne possono disporre proprio per l’azione dello Stato». Dunque, cosa fare? «La situazione è complessa ma forse interloquendo direttamente con il ministero della Giustizia si potrebbe trovare una soluzione. Diversamente a rimetterci saranno le vittime sopravvissute a una tragedia enorme»

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