Maria: «Mia figlia ustionata in casa stava per morire, ma quelle cicatrici sono diventate la mia forza»

Maria: «Mia figlia ustionata in casa stava per morire, ma quelle cicatrici sono diventate la mia forza»
di Veronica Cursi
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Giovedì 16 Maggio 2019, 10:37 - Ultimo aggiornamento: 17 Maggio, 08:22

«La nostra storia inizia il 16 ottobre del 2014. Quel giorno avevo addosso tanta stanchezza, notti insonni e una neonata di 2 mesi da gestire. In un attimo di distrazione il pentolino del the mi cade nella navetta dove lei dormiva serena. Due dita d’acqua, tanto è bastato, per cambiare il nostro destino per sempre».
Chiara, lunga appena 50 centimetri, riporta un ustione di 3 grado profondo sul 30% del corpo. Non si salva quasi niente:  pancia, schiena, fianco, braccia, gambe
. E per Maria Tridico, oggi 37 anni, e la sua bellissima bimba inizia un calvario fatto di cure, preghiere ma soprattutto di coraggio. Trenta giorni di terapia intensiva, 10 giorni di centro ustioni, 2 trapianti di pelle. Ma quelle cicatrici che Chiara porta sulla pelle diventano la sua forza e il dolore che Maria vive per 5 anni ogni giorno si trasforma in un progetto: per salvare altre madri e altri bambini, perché certe cose non accadano più.

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«Usciamo dagli ospedali, prima terapia intensiva del Gemelli, poi reparto Grandi Ustionati al Sant’Eugenio con una bambina che era cresciuta velocemente e con un malloppo di rosari, preghiere e santini tra le mani. Recupero le forze di mamma, continuo ad allattare e non cedo alla stanchezza, neanche quando dopo poco tempo viene a mancare mio padre per una grave malattia. Cadiamo e ci rialziamo, ci rialziamo e sbattiamo di petto». Ma l'ustione non è l'unico "mostro" con cui dover combattere. «La sanità ci beffeggia. L’ustionato non è un malato, le creme che usiamo sono creme estetiche. Una ruga o un brufolo hanno la stessa importanza della gravissima ustione che ha bruciato viva mia figlia. Sono calabrese, sono nata con un dna al peperoncino che non mi fa demordere davanti alle difficoltà, figuriamoci davanti al futuro difficile di Chiara. Mi arrabbio, tanto, e riesco ad ottenere tante piccole vittorie. Ma sono vittorie e non guerra. Perché viviamo in Italia, dove non esiste una terapia intensiva pediatrica all’interno di un centro ustioni. Perché viviamo in uno Stato che da una parte ti concede l’invalidità e dall’altra ti leva il diritto alle cure».

Maria non molla. E va avanti. E in questa tragedia di cure da sostenere viene aiutata e sostentuta dall’Associazione Assobus Onlus (Associazione Bambini Ustionati) e quell'incontro è l'inizio di una nuova vita. Dal novembre 2018 Maria diventa lei stessa presidente dell'associazione.
«Mi piace dire che anche nelle disgrazie si può fare carriera. Ne vado orgogliosa. In una notte di tormento, dove i sensi di colpa mi divoravano viva, ho incanalato la rabbia in un progetto dal titolo “Prevenzione degli incidenti da ustione in età prescolare”. Mia figlia era appena entrata nella scuola dell’infanzia e io avevo paura delle domande che i bambini le avrebbero rivolto quando avrebbero visto tutte quelle cicatrici. Insieme a Emanuele Gisci, assessore alle Politiche educative e scolastiche del Municipio Roma 2, che avevo conosciuto pochi mesi prima abbiamo creato qualcosa di unico e grande. L'Assobus Onlus, composta da medici, psicologhe, assistenti sociali, ha raggiunto in un anno 1600 bambini della scuola dell'infanzia del secondo municipio. La prima scuola raggiunta è stata "La casa dei Bambini Montessori Forte Antenne", quella di Chiara. Glie lo dovevo. Per me è stata la giornata più bella di sempre. Ero in mezzo a 60 bambini e Chiara era felicissima perché lei non era più solo una bambina ustionata ma era colei che ha sfidato le difficoltà come i veri supereroi».

Oggi Maria è mamma anche di un'altra bimba, Margherita. Il nostro progetto va avanti, tra mille difficoltà e tanta stanchezza. Siamo una piccola Onlus che come una vera e propria famiglia fatica ad arrivare a fine mese. Ma, nonostante ciò, non demordiamo e continuiamo ad offrire i nostri corsi gratuitamente sia ai bambini che ai genitori, insegnanti, bidelli, nonne e baby sitter. Grazie al progetto non temiamo lo sguardo dei curiosi: delle cicatrici di mia figlia potrò parlarne con l'intento, unico, di offrire spunti di riflessione sulla condizione di tutti gli ustionati gravi d'Italia.

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