Le donne indios dell'Amazzonia che cercano di salvare il pianeta dallo sfruttamento

donna indios, foto di Stefania Falasca
di Franca Giansoldati
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Martedì 11 Giugno 2019, 13:22

Ecuador, Perù, Venezuela, Bolivia, Brasile. In ognuno di questi Stati ci sono donne sconosciute e coraggiose che ogni giorno rischiano la vita per difendere l'Amazzonia, il suo equilibrio naturale e, dunque, in buona sostanza, il pianeta che - come si sa - dipende dal polmone verde più grande del mondo. Disboscamento della foresta pluviale, distruzione, desertificazione, sfruttamento delle risorse, trivellazioni per il petrolio, inquinamento (soprattutto di mercurio usato in quantità enormi nei fiumi per trovare l'oro), schiavitù delle popolazioni indigene.

Sono tante le donne indigene, appartenenti a diverse tribù (alcune in via di estinzione) che cercano di fare barriera, ostacolare come possono l'avanzata della rovina ambientale. Storie a volte drammatiche che sono state raccolte da Amnesty, una delle tante realtà impegnate a difendere queste comunità. 

Nema Grefa, per esempio, dell'Ecuador, di etnia Separa ha cercato di opporsi alle trivellazioni delle industrie petrolifere. Oppure Salomè Artanda e Margot Ecobar, quest'ultima è stata attaccata fisicamente da agendi di polizia mentre partecipcava a una protesta. Le è stata anche incendiata la casa. 

L'Alto Commissariato Onu per i rifugiati tempo fa aveva inviato una missione di osservatori nel Nord del Brasile, sulla frontiera venezuelana, dove si concentrano anche indigeni fuggiti dalle loro terre. La situazione che è stata riscontrata è orribile. Molte donne sono ridotte a fare le schiave sessuali. Nell'Amazzonia brasiliana si concentrano circa 450 diverse etnie, la maggior parte delle quali sottoposte a pesanti restrizioni (sulle loro terre) e a vivere in condizioni precarie. 

La stessa cosa accade nella parte amazzonica peruviana, dove cambia solo la morfologia del paesaggio, ma i problemi riguardanti lo sfruttamento e la precarietà delle popolazioni indios restano intatte. I vescovi hanno spesso fatto sentire la loro voce, finora senza troppo successo. Papa Francesco due anni fa si era recato a Puerto Maldonado, la città ai margini della foresta pluviale, sul versante peruviano, per dare testimonianza di una situazione ormai al limite del far west, con compagnie straniere tese allo sfruttamento incondizionato nel quasi disinteresse del governo di Lima. 

Karipuna, Galibi, Palikur, Marworno sono alcuni dei nomi delle centinaia di comunità indie che, in Brasile, il governo Bolsonaro sta mettendo in difficoltà. Dovrebbero essere protette e avere diritti circa la restituzione delle loro terre, ma il nuovo corpo politico ha rallentato ogni iter, accumulando tensioni e problemi. Le donne restano le più vulnerabili ma, nello stesso tempo, anche le più coraggiose. Anche di loro si parlerà in Vaticano, quest'autunno, durante il sinodo sull'Amazzonia. 

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