Tanto che c’è una bella differenza di prezzo tra gli ambiti diamanti neri e le altre uova. La titolare dell’albergo, la nota imprenditrice Paola Michelacci, si è difesa ammettendo di aver fatto un errore. Così ha fatto subito correggere il menù. Ma ormai la frittata era fatta. E la Michelacci (difesa da un avvocato di Torino) è finita a processo per tentata frode nell’esercizio del commercio. Ieri mattina sono stati ascoltati davanti al giudice Stefano Marinelli e al pm Danilo Rabini, i vari testimoni, dall’agente della Forestale ai dipendenti del ristorante del Grande Hotel. È stato ascoltato anche il fornitore di caviale, che ha detto che quando questo finisce, l’azienda invia in automatico le uova di lompo. Non si ricordava però se avesse inviato in automatico anche le variazioni di prezzo. Le impiegate hanno confermato che la Michelacci si è subito prodigata nel far riscrivere il menù corretto. Per questo tipo di reato, la pena è di pochi mesi di arresto o un’ammenda fino a 3mila euro.
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