Pesaro, immagini pedopornografiche nel computer, militare condannato

Il tribunale di Pesaro
di Elisabetta Rossi
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Giovedì 9 Giugno 2016, 19:25
Ha detto che stava cercando musica su internet con e-mule, ma per sbaglio è incappato in file pedopornografici. Alcuni di questi sono subito stati spostati nel cestino. Ma gli 007 del web sono sempre in allerta. E così un militare dell’esercito in servizio a Pesaro e residente nell’entroterra di Fano è finito a processo con le accuse di divulgazione e detenzione di materiale pedopornografico. “Non stava di certo cercando Masha e Orso, ma proprio quelle immagini con bambini in pose oscene” ha rimarcato il pm Fabrizio Narbone nella sua requisitoria chiusa con una richiesta a 2 anni di reclusione e 12mila euro di multa. Ma il collegio, presieduto dal giudice Stefano Marinelli (a latere Elisbetta Morosini e Paolo De Luca) lo ha condannato solo per la detenzione a 1 anno (pena sospesa) e assolto dall’accusa di divulgazione. I legali dell’imputato, gli avvocati Raffaella Ricci e Attilio Andreoni, hanno già annunciato appello.
L’indagine nasce a Bergamo. La denuncia arriva da un cittadino che mentre naviga in internet si ritrova dei file con foto proibite di minori. Presenta subito denuncia che per competenza va alla Procura di Brescia. Nel registro degli indagati finiscono 23 potenziali pedofili del web. Nel corso dell’inchiesta condotta dalla polizia postale di Cremona, il cerchio di restringe a 6 in tutta Italia. E tra questi c’è anche il militare pesarese. Per gli agenti del web, l’uomo ha scaricato quelle foto e le ha messe in condivisione. A quel punto il fascicolo passa da Cremona a Pesaro. Qui, il 18 settembre del 2013, gli inquirenti si presentano a casa del 50enne per una perquisizione. Gli portano via il pc, 22 hard disk e 43 tra cd e dvd. E da questi saltano fuori quei documenti compromettenti, di cui 5 video spostati nel cestino. Cestino che l’imputato avrebbe potuto svuotare, ma che non ha mai ripulito. “Un modo per nasconderli ma anche per poterli guardare ogni volta che voleva – ha rimarcato il pm Narbone – quello che farei anche io se avessi delle foto della mia amante”. “Ma il mio assistito non era solito svuotare il cestino” ha ribattuto l’avvocato Ricci. Ieri è stato ascoltato anche il consulente della difesa, l’esperto informatico Egidi che ha ribadito che l’imputato non aveva interamente scaricato quei file e che emule li mette in condivisione anche se il download non è completato. Ma soprattutto, ha messo in evidenza la Ricci, non è possibile capire il contenuto del documento se prima non lo si è scaricato.    
 
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