Jesi, malata di atrofia muscolare spinale diventa mamma: «Donne, per me è un sogno, non vi arrendete»

Lucia Giatti
di Eleonora Dottori
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Domenica 18 Gennaio 2015, 20:40 - Ultimo aggiornamento: 19 Gennaio, 10:06
JESI (Ancona) Un messaggio di speranza, una storia d’amore che va al di là di ogni barriera. L’atrofia muscolare spinale impedisce a Lucia Giatti, 39 anni, di fare liberamente ogni più semplice attività nella vita di tutti i giorni.



Caparbietà e forza straordinaria le hanno regalato il dono più bello: quello di diventare mamma, il desiderio di una donna che deve combattere con tutte le sue forze per ottenere il più piccolo risultato. «I limiti possono essere superati» dice a gran voce Lucia, costretta su una sedia a rotelle, emozionata dal vedere la sua pancia crescere giorno dopo giorno.



Avverte suo figlio muoversi, prova sensazioni che non pensava la vita potesse donarle. «Voglio dare un messaggio a mio figlio e a tutte le persone sane: non arrendetevi davanti alle prime difficoltà, le barriere possono essere superate. Provo una tale rabbia nel sapere che chi può fare tutto si arrende - racconta la donna - Un gradino o un ascensore che non funziona sono per me difficoltà insormontabili, la Sma (atrofia muscolare spinale) mi ha condizionato la vita che adesso mi sta dando un regalo grandissimo».



È con coraggio che Lucia ha voluto raccontare la sua storia, per dare «un messaggio di speranza partendo dalle difficoltà che ho tutti i giorni fino a quelle passate per vivere la gravidanza. Tutti intorno a me hanno scoraggiato la mia maternità seppure la malattia non influisce sull’apparato riproduttivo ma semplicemente perché sono disabile. Il bambino che aspetto è un messaggio d’amore rivolto a tutti quanti non avevano fiducia della mia situazione, a tutti quelli che hanno messo un muro davanti al mio desiderio come se di ostacoli ne debba affrontare pochi». Una passeggiata in libertà o semplicemente respirare sono attività che la Sma hanno reso complicate ma Lucia non si è arresa e ha combattuto per vedere riconosciuti i suoi diritti.



«Io e il mio compagno non ci siamo arresi davanti ai pregiudizi: siamo andati a Milano, al Niguarda, dove c’è un centro specializzato. La mia malattia non preclude una gravidanza che è arrivata naturalmente e prima del previsto. Ci hanno spiegato come muoverci e nel frattempo il bambino che volevamo è arrivato, naturalmente». A Ferrara ha eseguito una serie di esami per valutare le condizioni del feto, per essere certa di non avergli trasmesso la malattia: il bambino è sano.



Poi la scelta dei professionisti che possono seguirla e dell’ospedale dove far nascere il piccolino: «A Jesi e Torrette di Ancona ho trovato medici pronti a prendersi cura di noi. Sto facendo esami con regolarità e visite da specialisti. Il sostegno del mio compagno e l’aver conosciuto donne affette da Sma che hanno dei figli mi sta aiutando tantissimo, ho preso coraggio nell’affrontare questa esperienza. Nonostante i pregiudizi, avere e crescere un figlio non è più impossibile». E continua: «Mi sto informando sull’allattamento al seno, so che è il meglio per mio figlio e voglio riuscirci».