Cassazione conferma condanna a imprenditore marchigiano: è reato dare del “negro” a persona di colore

Cassazione conferma condanna a imprenditore marchigiano: è reato dare del “negro” a persona di colore
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Lunedì 6 Ottobre 2014, 18:46 - Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 14:50
ANCONA - Confermata, dalla Cassazione, la condanna - la cui entità non è nota - a carico di un imprenditore marchigiano colpevole di ingiuria e lesioni aggravate dall'odio etnico per aver dato un pugno a uno straniero e averlo apostrofato, tra l'altro, come «negro, perditempo...». Senza successo l'imputato, Maurizio V., si è difeso davanti alla Suprema Corte sostenendo che quelle parole non erano razziste e che, lui, non discriminava nessuno, tanto è vero che si serviva di «una forza di lavoro multietnica». Per quanto riguarda le parole rivolte a Mohamed F.B., la Cassazione ha bocciato come «infondata» la tesi difensiva dell'imprenditore in base alla quale non sarebbero da considerare come insulti razzisti e, come tali, da punire con l'aggravante della legge Mancino. I supremi giudici ricordano di aver già affermato che «integra gli estremi della aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, l'espressione "sporco negro", in quanto idonea a coinvolgere un giudizio di disvalore sulla razza della persona offesa». E lo stesso discorso vale anche per le espressioni usate in questo caso. Quanto all' accenno all'utilizzo di personale straniero, la Suprema Corte ha replicato che tale circostanza non ha «alcun rilievo» nel tentativo di escludere la «qualificazione dell'episodio» come connotato da razzismo. Respinto anche il tentativo dell'imprenditore di far dichiarare prescritti i reati di lesioni e ingiuria adducendo che la Corte di Appello di Ancona, che lo aveva condannato con verdetto del 14 febbraio 2013, non aveva adottato «un formale provvedimento di sospensione del corso della prescrizione» e aveva sbagliato a dare «efficacia sospensiva ai rinvii "per trattative"» in corso tra le parti e poi non andati a buon fine. In proposito, gli ermellinì - con la sentenza 41635 della Quinta sezione penale, depositata oggi - hanno obiettato che il rinvio per trattative del quale si discute «essendo stato pacificamente richiesto dalle parti, determina 'ex legè la sospensione del corso della prescrizione, senza che occorra alcun provvedimento formale che tale sospensione disponga». Maurizio V., per effetto della condanna in Cassazione, deve pagare anche le spese processuali e versare mille euro alla Cassa delle ammende.
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