Fabbriche vuote e concorsi pieni, con "Workforce" Michele Borzoni ritrae i nuovi lavori

Fabbriche vuote e concorsi pieni, con "Workforce" Michele Borzoni ritrae i nuovi lavori
di Nicolas Lozito
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Domenica 18 Agosto 2019, 09:41 - Ultimo aggiornamento: 15:56

Un atlante delle nuove professioni, anzi, della nuova forza lavoro in Italia. Un ritratto sociologico, scientifico, economico, fatto di scatti potenti ma non trascinati dall'emozione. Workforce di Michele Borzoni (L'Artiere; 21x27,5cm;​​160pp; 38€), fotografo fiorentino classe 79 del collettivo Terraproject, è un saggio per immagini. Un grand tour, ma non di luoghi, bensì di posti di lavoro.

Dai mega-centri per la consegna merci manovrati da nuovi facchini, alle fabbriche dell'industria tessile di Prato, dove la comunità cinese fila, dorme, vive. Dai campi di Rosarno dei braccianti stranieri in bicicletta, ai call center dei laureati precari. Iper-tecnologia solitaria contro enormi masse. Come i migliaia sulle sedie dei concorsoni pubblici nei palazzetti dello sport. O i cortei in sciopero, o gli operai che ricomprano le loro aziende fallite, e dando nuova identità al concetto di capitale.

Non c'è modo più istantaneo per comprendere le sfaccettature del nuovo mondo del lavoro che ci circonda. Il libro è arricchito dal design creato dallo studio Discipula e dai testi della giornalista Roberta Carlini, così da scandire i passaggi tra un argomento e l'altro con approfondimenti, numeri, e citazioni. Come quella dell'economista John Maynard Keynes, padre della macroeconomia moderna, che racconta la gioia della cameriera che solo con la morte trova il riposo dalle fatiche quotidiane. O quella di Curzio Malaparte, che dice «Tutta a Prato, tutta a stracci va a finire l'Italia!», quando negli anni '50 il tessile era in crisi ed era impensabile la rinascita del settore con l'arrivo dei cinesi. Un filo rosso, un ciclo: per ogni crisi c'è una risposta, per ogni rivoluzione un prezzo da pagare.



Durante la Grande depressione del '29, il governo americano commissionò a vari fotografi di girare gli Stati Uniti e mostrare cosa quella crisi significasse, così da poter giustificare i piani di rilancio. Molti di quei fotografi, come Walker Evans, Dorothea Lange, e Russell Lee, sono diventati famosi grazie a quei reportage sociali, mostrando volti affaticati, campi martoriati, fattorie arretrate. Similmente, ma anche all'opposto, Workforce si assume la stessa responsabilità: documentare l'oggi per consegnarlo al domani. E nel frattempo fare una domanda: che significato ha ora l'articolo 1 della nostra Costituzione, secondo cui l'Italia è una Repubblica «fondata sul lavoro»?

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