Libri, Stuart Turton: «Il mio nuovo giallo alla Sherlock Holmes, un viaggio infernale in mare»

Stuart Turton, foto di Charlotte Graham
di Riccardo De Palo
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Lunedì 23 Novembre 2020, 13:05

Nelle sue molte vite, Stuart Turton ha fatto il libraio a Darwin, insegnato inglese a Shanghai, scritto articoli di viaggio a Dubai, collaborato per una testata tecnologica di Londra. Oggi ha 46 anni. L'uomo che ha rivoluzionato un genere solitamente monolitico come il giallo, sorride sullo schermo di Zoom, con una tazza di caffè in mano, dal suo lockdown alle porte della capitale britannica. «Non vedo l'ora di poter tornare a viaggiare - dice - con la mia moglie mezza italiana e mia figlia. Abbiamo una famiglia allargata che si estende da Milano all'Australia». Le sette morti di Evelyn Hardcastle aveva rivelato uno scrittore capace di conciliare Christopher Nolan e Agatha Christie, con un mystery incatenato in un loop temporale. Il suo nuovo romanzo, Il diavolo e l'acqua scura, appena uscito per Neri Pozza, è molto diverso: l'indagine si svolge a bordo di un veliero olandese, salpato dalla colonia di Batavia nel 1634 e diretto ad Amsterdam: a bordo un carico misterioso e un'oscura presenza. E per chi si appassiona, c'è anche un gioco da tavolo, ispirato al libro e realizzato da Giochi Uniti.

Il suo sembra un classico romanzo storico, dark e soprannaturale, ma è una falsa pista.
«Devo divertirmi a scrivere, altrimenti impazzirei; e creare un libro che sembra un tipico caso alla Sherlock Holmes, e che poi diventa qualcos'altro, è molto stimolante».

Lei ha fatto molta ricerca: si è recato a Giakarta e ha visitato la nave di Batavia ricostruita ad Amsterdam, ma nella postfazione ha precisato di non aver voluto attenersi troppo alla realtà storica. Perché?
«L'intreccio è una priorità per me. Volevo che i miei personaggi non fossero troppo legati alle consuetudini del tempo. Sara, la moglie del governatore generale Jan Haan, può muoversi liberamente da una zona all'altra della nave, mentre nel Seicento non avrebbe potuto lasciare la propria cabina. Inoltre, ho dovuto cambiare un po' il veliero originale che ha ispirato il libro per adattarlo alle necessità della storia, per farla funzionare».

Tra i personaggi, spiccano due detective, il britannico samuel Pipps e la sua guardia del corpo, Arent Hayes. Quest'ultimo diventa, pagina dopo pagina, il vero protagonista. 
«Sì, come nelle storie di sir Arthur Conan Doyle. Ma ho sempre preferito Watson a Sherlock Holmes - un personaggio troppo freddo e distaccato, che riduce ogni cosa a un puzzle da risolvere, senza alcun interesse per le persone coinvolte. Sono sempre stato interessato ai personaggi umili, che non credono in se stessi: voglio promuoverli, vedere come si comportano a loro volta nel ruolo di protagonisti».

Il suo romanzo sembra anche un tributo a certe storie gotiche del passato. A quali autori si è ispirato? Colerdidge? Edgar Allan Poe? Lovecraft?
«Non amo molto le storie di Lovecraft, a dire il vero. Quando ho iniziato a scrivere, non pensavo certo a un romanzo gotico, ma piuttosto a Stephen King. Doveva essere la storia di un mostro, di una presenza oscura e malvagia. Ma mi sono presto reso conto che in un giallo non poteva funzionare. Se penso invece a Le sette morti di Evelyn Hardcastle, è evidente l'influenza di Shirley Jackson, o di Rebecca la prima moglie di Daphne du Maurier»

Molti paragonarono quel libro a Inception. A quali film si potrebbe accostare il nuovo romanzo?
«Sono cresciuto guardando vecchi film di pirati in bianco e nero.

Ma ho pensato piuttosto a libri come Robinson Crusoe, L'isola del tesoro. E poi volevo creare una di quelle storie alla Agatha Christie in cui, alla fine, ci si ritrova in una stanza e si rivela chi è l'assassino. Nella mia mente, in attesa di quel momento, tutti dovevano risultare sospettabili: il nobiluomo, l'amante, il diavolo, la cameriera».

Nel suo libro ci sono anche personaggi femminili molto riusciti, come Sara.
«La adoro, è la mia preferita. Sa, io preparo molto accuratamente i miei romanzi. Non scrivo una riga per almeno tre mesi, se non ho chiaro l'intero progetto della storia, che sintetizzo dettagliatamente. Nelle mie intenzioni, Sara doveva essere soltanto un personaggio secondario, uno dei tanti da inserire nella lista dei sospetti. Ma poi ha cominciato a imporsi, a chiedere più spazio».

Il suo romanzo descrive anche il passaggio dall'età del barocco e delle superstizioni a quella della ragione.
«Un detective, che sia Miss Marple, Hercule Poirot, Sherlock Holmes, o Philip Marlowe, ha sempre il compito di trarre l'ordine dal caos. Risolve un caso grazie al pensiero razionale. Quando scrivevo non potevo fare a meno di seguire gli avvenimenti del nostro tempo: sembra che molti politici ci stiano riportando indietro, dall'era del pensiero razionale a quella dell'oscurità».

La traversata della Saardam è un viaggio veramente infernale.
«Sì, perché volevo mettere alla prova i miei personaggi, farli reagire a determinate situazioni, e mostrare la loro codardia, il loro coraggio, la loro intelligenza».

Sembra un po' il prequel della Tempesta di Shakespeare.
«Essendo inglese, il Bardo è sempre uno dei primi riferimenti. Ma ci sono anche tante immagini bibliche che sono rimaste nella mia testa, da quando ho frequentato la scuola cattolica».

Sta già lavorando al prossimo libro?
«Ho scritto un progetto, un'idea folle, come ho fatto per il primo romanzo. E, allo stesso modo di allora, mi sento terrorizzato. Funziona sempre così per me, con una sensazione di paura. Ma temo di non poter anticipare nulla: voglio che ogni mio libro sia una sorpresa per tutti». 

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