Pollice e indice. Ruotando a destra o a sinistra. Illudendoci che quella rotellina avrebbe chiarito (forse) le nostre idee e (di sicuro) il segnale della frequenza. La radio come stella polare di generazioni di ascoltatori, di musica o di talk show. Lorenzo Briotti grida "Viva i Pirati" nel suo ultimo libro che parla della storia di questa scatola magica che oggi si è trasformata entrando in smartphone, tv e orologi e tanto altro. Ma perché pirati? Perché le radio pirata erano quelle emittenti clandestine che a partire dal 1960 diffondevano nell’etere la rivoluzione musicale portata dai Beatles, dando così spazio alla nascente “cultura pop” giovanile.
In un momento in cui i monopoli pubblici passavano solo musica da camera e orchestre, in Gran Bretagna e nel Nord Europa c’erano dei bucanieri che stavano più o meno inconsapevolmente facendo nascere la radio moderna in Europa. Queste emittenti sono state le prime a proporre le classifiche dei dischi più venduti, le prime ad avere i jingle, il segnale orario e i notiziari brevi. Radio che hanno dato spazio alla figura del disc jockey, che con il suo stile plasmava e condizionava le scelte del pubblico.
Il fenomeno ebbe uno sviluppo immenso con alcune emittenti ancora oggi mitizzate: fra tutte Radio Caroline e Radio London.