Nei “Quaderni del terrorista” una testimonianza sulle nevrosi e le follie degli anni di piombo

Nei “Quaderni del terrorista” una testimonianza sulle nevrosi e le follie degli anni di piombo
di Renato Minore
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Domenica 11 Dicembre 2016, 10:24 - Ultimo aggiornamento: 13 Dicembre, 22:00
Una donna riceve un misterioso e minaccioso diario, definito dall’autore stesso “ordigno”, che rivela alcuni aspetti sconosciuti di una serie di atti di terrorismo dal ’69 in poi. La donna, durante la lettura, inserisce nel manoscritto alcune sue note di commento, destinate ad un misterioso personaggio, non estraneo a quei fatti, che si trova incarcerato in base ad accuse gravissime. Il protagonista del diario, che dice di chiamarsi Lorenzo, è spinto dal desiderio di spiegare dinamiche e moventi alla sua interlocutrice involontaria, alla quale ha fatto recapitare il suo manoscritto giusto il 12 dicembre del ’98, 29° anniversario della strage di piazza Fontana, ancora in quel momento impunita (come ancora adesso) pur dopo una lunghissima serie di indagini e processi. Lorenzo intende chiarire quale sia stato il ruolo ricoperto da lui stesso e da altri in quello stillicidio di bombe e di morti.

Sono le situazioni e i personaggi del romanzo “Quaderni di un terrorista” di Giano Corte Moschin (Biblioteca dei Leoni, pp. 272, € 17). Pur non essendo un romanzo “storico” in senso stretto, il libro approfondisce molti retroscena di quegli oscuri fatti violenti. Viene da chiedersi se protagonista del romanzo e autore siano la stessa persona in una chiave autobiografica, anche perché l’autore si firma con uno pseudonimo. Alla lettura, pare che almeno una parte dell’autore e una parte di Lorenzo siano sovrapponibili. Cosa che del resto accade frequentemente nella narrativa tra l’autore e il protagonista della storia che racconta. E, a motivare l’autore in quella parte che non coincide con il protagonista, potrebbe essere la1 stessa molla che muove il protagonista, anche se da una posizione più defilata: far conoscere la vicenda di Lorenzo perché, oltre a rappresentare un’intricata storia personale, si è intrecciata strettamente per venticinque anni con alcuni degli episodi di terrorismo più significativi accaduti in Italia negli ultimi tre decenni del secolo scorso e mai compiutamente spiegati.

Si parte dagli attentati sui treni dell’estate ’68, per approdare a piazza Fontana il 12 dicembre ‘69. Poi, dopo un lungo intervallo, in cui il protagonista fa la parte dello spettatore alquanto distratto, Lorenzo torna in scena con l’attentato al treno rapido 904 nel dicembre ‘84, poi ancora un intervallo di anni fino all’attentato alla torre del Pulci a Firenze del maggio ‘93, e infine l’attentato a Piazza del Popolo a Roma nel luglio dello stesso anno. Quale parte ha avuto il protagonista in questi episodi terroristici? Si potrebbe forse definire la parte del postino, colui che recapitava una borsa o un pacco o una busta, ignaro del contenuto, ma non incapace di immaginarlo, almeno per tre di essi. Alla consegna seguiva invariabilmente un fatto violento, e lui non poteva non collegare l’una all’altro. La parte che ha avuto nel quarto sembra essere stata anche più rilevante.

Ammesso dunque che sia stato un terrorista, che tipo di terrorista è stato Lorenzo? Sicuramente un terrorista atipico, perché non agiva dentro gli schemi che riteniamo abituali per un terrorista degli anni di piombo, ossia non faceva riferimento a una ideologia, il suo obiettivo non era né una rivoluzione socialista né una restaurazione fascista. Inizialmente è spinto da un irrazionale e confuso desiderio di rivoltare il mondo sottosopra, in un secondo tempo segue piuttosto un teorema personale, una logica che si è costruito autonomamente e che lo induce a ritenere giustificati e anzi desiderabili atti capaci di condurre a un rovesciamento totale e a un radicale rinnovamento delle condizioni di convivenza del genere umano. Lorenzo non entra in nessuna organizzazione, è, come si dice, un battitore libero, a disposizione, ma per perseguire i propri obiettivi, e ritiene logico associarsi ad iniziative violente e sovvertitrici dell’ordine costituito anche se coloro che le pianificano non hanno le sue stesse motivazioni. O meglio, così vede le cose nella sua logica, che però non può negare di essere stato anche irretito e tacitamente arruolato a causa di disavventure giovanili, nelle quali lui pare aver recitato una parte poco chiara, non scevra di possibili conseguenze giudiziarie e dunque bisognosa di protezione. Un terrorista sotto ricatto? Ma, se il ricatto c’è, non si rivela mai chiaramente e piuttosto prende la veste di un invito motivato, che viene in sostanza accolto anche se giustificato da logiche del tutto personali della necessità di un rovesciamento totale del mondo, un alibi perfetto, nella sua mente, per qualsiasi ferocia, purché questa contenga un valore ideale di ritorno alla libertà individuale primigenia (vera o presunta? Lui non sembra nutrire dubbi) che la renda capace di produrre una catarsi in chi la compie e chi la subisce.

Il protagonista aspetta quasi trent’anni dai fatti di piazza Fontana per raccontare quello che sa. Ma al tempo dell’attentato a piazza Fontana la sua partecipazione non era decisiva, secondo il suo racconto, e non aveva ancora maturato una vera “logica” giustificatoria e quindi aveva sentito il bisogno di rimuoverla per molti anni. Soltanto più tardi completa un percorso interiore che lo porta ad una nuova partecipazione come comprimario in un nuovo atto terroristico. Questo percorso è coinciso, o meglio è stato opportunamente accompagnato dallo stabilizzarsi di una sua relazione amorosa con la donna che si può definire della sua vita, anche se non l’unica. E, quando questa relazione sembra in pericolo, ritiene di poterla recuperare con nuove e più esplicite partecipazioni. Ma il risultato che ottiene è invece l’opposto di quanto sperava.

La formula del diario come scelta narrativa consente all’autore di condurre i suoi personaggi lungo il corso della loro vicenda, lasciandoli andare per la loro strada e insieme illuminandoli dal profondo delle loro coscienze attraverso una minuta indagine psicologica giocata sempre di sponda. Gettando così un fascio di luce nel buio degli anni di piombo della recente storia italiana. La Storia si intreccia così con una quotidianità fatta anche di piccoli eventi, di nevrosi individuali e collettive, di sogni e di fughe, di follia di chi mescola alla realtà i propri mondi allucinati, rivelandosi al lettore nel suo sviluppo altrimenti incomprensibile.



















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