Roma in 20 ritratti (di donne), la recensione del libro di Paolo Geremei

Roma in 20 ritratti (di donne), la recensione del libro di Paolo Geremei
di Lucia Pozzi
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Mercoledì 21 Ottobre 2020, 15:50 - Ultimo aggiornamento: 20 Marzo, 17:03

C'è Benni per l'Eur, controllata, consapevole di piacere, disinteressata al cielo e al marmo perchè «lei vuole l'asfalto». E c'è Lucia per la Garbatella, 25 anni e un lavoro nella lavanderia di famiglia, «fatalismo misto a indolenza mista ad attesa che le cose accadano». Adriana per il centro storico, un negozio di antiquariato e una vita fatta di creme antiossidanti, antietà e antirughe, scaltra ma non bugiarda, elegante, nessun affetto e tre mariti per lei che «non ricorda i nomi dei nipoti ma sa a memoria l’iban dei suoi tre conti correnti». Poi la giovane Sabrina, «cresciuta vicino all’Idrovore della Magliana, dove l’America è solo immaginata». E Lorenza per il Tufello, leggera, anarchica, sgraziata e attraente al tempo stesso, con due braccia «darwinianamente lunghe che abbracciano tutti».

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Roma e i suoi quartieri vivono attraverso le figure di venti donne più o meno immaginarie nel libro di Paolo Geremei, venti storie che in realtà non sono storie ma ritratti, affreschi di caratteri complessi e diversi che nella loro espressione al femminile tentano di fotografare l'universo capitolino. "Romane" (Golem Edizioni, dal 22 ottobre in libreria) nasce dalla penna di un regista, classe 1975 e originario di Orvieto, che nella prefazione spiega che le romane, appunto, «più del romano e delle donne di altre città, hanno qualcosa che le rende affini al quartiere in cui vivono.

Si somigliano».

E così, da un fantomatico blocco di appunti, è uscito quello che per Geremei è il ritratto della Roma di oggi, a volte pigra e stanca, a volte vitale, cibernetica, a volte affascinante e suadente, superba, a volte scapigliata e deludente, a volte disordinata, un po' idealista, inconsistente, oppure pratica e sbrigativa, rude, nostalgica, ora giovane, poi di mezza età ma anche anziana e con difficoltà di deambulazione, curata o dimessa, triste o esuberante: ce n'è per tutti i gusti, in un testo di una novantina di pagine dallo stile incalzante. Sullo sfondo, appena accennati, scorrono luoghi e simboli della città, dal Muro Torto a Porta Portese, dall'obelisco dell'Eur all'Auditorium, da via dei Coronari al carcere di Rebibbia, dalle terme di Caracalla al bar latteria di vicolo del Cinque (zona Trastevere) fino ai gatti di Largo Argentina.

Non è proprio come ritrovarsi sulla Vespa di Nanni Moretti in giro per le strade e i vicoli della città, perchè quello di Geremei è un viaggio virtuale nell'anima di personaggi che, secondo l'autore, dovrebbero raccontare Roma. E non è l'indagine accurata e attenta alla condizione femminile che svolge Moravia nel suo Boh, calandosi perfettamente nella psicologia e nell'intimo delle sue trenta donne indimenticabli, tutte raccontate in prima persona. Geremei fa un'operazione diversa, offre al lettore la sua fotografia di Roma e le figure femmili sono funzionali allo scopo. Le mette in scena senza fronzoli, per quello che vogliono dire e rappresentare, con uno stile che sembra richiamare quello di una sceneggiatura più che di un saggio per le note a piè di pagina, a tratti curiose e divertenti, a tratti superflue, a tratti capaci di interrompere il ritmo di una scrittura incessante. Ma a governare e miscelare il tutto c'è un grande amore per Roma che, certamente, è quel che conta.

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