Uno sgarrupato viaggio in Sicilia di un figlio cinquantenne e di un padre anziano è il palcoscencico di "Quando cavalcavo i mammut", il nuovo romanzo di Paolo Romano per i tipi di Scatole Parlanti che racconta con garbo e ironia il dramma di una generazione al bivio.
Una generazione, quella dei cinquantenni d'oggi, talvolta priva di bussola, alle prese con la perenne dicotomia fra libertà e solitudine, fra responsabilità sociale e utile individuale, fra l'incapacità di assumersi responsabilità e lo sbriciolamento della famiglia.
Fatto sta che il protagonista, l'impiegato del Tribunale Luigi Giavatto, alle prese con la sua solitudine più che con la mancanza della famiglia, mentre cerca di scoprire il padre, entra in un trip fatto di flashback che si sviluppano su diversi piani di narrazione, con un ritmo incalzante scandito fra la bellezza struggente della Sicilia e la decadenza di una Roma prigioniera della sua burocrazia. «Mi interessava raccontare i cinquantenni di oggi, cresciuti in un mondo post ideologico e individualistico che li ha resi spesso inadeguati a rispondere alle sfide strategiche sulla costruzione delle società.