L'Italia e il Welfare inefficiente
che lascia le “Famiglie sole”

La copertina del libro di Daniela Del Boca e Alessandro Rosina
di Roberto Bertinetti
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Venerdì 31 Luglio 2009, 16:59 - Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 22:55
ROMA (30 luglio) – “Rispetto ai vicini europei, l’Italia sembra offrire il peggiore tra i mondi possibili: da un lato un mercato del lavoro inefficiente, che d scarse opportunit alle donne e ai giovani, e dall’altro un welfare inadeguato, che non promuove e lascia ampio spazio alle disuguaglianze”. A questa sconfortante diagnosi Alessandro Rosina e Daniela Del Boca arrivano al termine dell’indagine sintetizzata in Famiglie sole (il Mulino, 137 pagine, 11,50 euro), radiografia della crisi della famiglia italiana a causa dell’assenza di politiche pubbliche efficaci.



Numeri alla mano, i due studiosi dimostrano che in Italia le risorse statali dedicati alle famiglie sono la metà della media Ue. La prima conseguenza in negativo è il calo delle nascite, anche a causa delle difficoltà di gestire i bambini: il numero dei posti nido che sono disponibili da noi per i piccoli da 0 a 3 anni è dell’11 per cento, contro oltre il 50 per cento della Norvegia e il 40 per cento della Francia. Il fenomeno della denatalità si è accentuato nel corso degli ultimi anni: chi è venuto al mondo a metà degli anni ’60, in pieno baby boom, è un quarantacinquenne con circa un milione di coetanei. Chi invece oggi ha meno di 25 anni è nato nella seconda metà degli anni ’80 e ha solo poco meno di mezzo milione di coetanei.



Nel corso della loro indagine Rosina, docente di demografia alla Cattolica, e Del Boca, che insegna economia a Torino, hanno poi scoperto che la famiglia italiana è andata in crisi a causa di un fatto nuovo: “I problemi con i quali si fanno i conti oggi – spiegano – erano ampiamente prevedibili. Da sempre la famiglia italiana è stata purtroppo costretta a arrangiarsi, potendo contare su un welfare assai scarso. Anzi, sono state proprio le reti informali, e cioè il mutuo soccorso tra i parenti e congiunti, a costruire nel tempo un vero e proprio ammortizzatore sociale nei confronti dei più fragili, ovvero dei bambini e degli anziani. Ma queste reti informali si sono basate storicamente sul ruolo delle donne di mezza età. Un modello che si è spezzato con l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro. A questo non ha corrisposto, come nel resto d’Europa, la creazione di una rete di supporti statali, il welfare appunto. Risultato? Il declino che abbiamo sotto gli occhi”.



All’ingresso delle donne nel mondo del lavoro non ha però corrisposto una parità di trattamento. Le discriminazioni di genere sono ancora fortissime, secondo i due studiosi. Che prendono una posizione netta anche per quanto riguarda la riforma del sistema delle pensioni. E’ auspicabile, a loro giudizio, una riforma che adegui l’età alle aspettative di vita.



Tuttavia, aggiungono, è fondamentale lasciare alle donne la facoltà di fruire di un pensionamento anticipato proprio in ragione del fatto che esse svolgono una quantità di lavoro (incluso quello domestico, ovviamente) superiore a quella degli uomini. Rosina e Del Boca smentiscono, cifre alla mano, anche lo stereotipo dei “bamboccioni” e sottolineano che se la media dei giovani lascia tardi la famiglia d’origine (solitamente sui trent’anni) è perché ha ben poche alternative.



Le difficoltà per i giovani aumentano se il loro titolo di studio è alto: tra il 2000 e il 2006 gli occupati a un anno dalla laurea sono scesi di quattro punti percentuali, passando dal 57 al 53 per cento, e tra questi sono aumentati i lavoratori atipici, spesso precari. Per chi poi un lavoro c’è l’ha, i salari sono in media più bassi rispetto ai coetanei del resto d’Europa. Il terzo ostacolo che i giovani si trovano a dover superare è rappresentato dalla difficoltà di trovar casa. Ovvio che in una situazione che presenta tanti problemi molti preferiscano restare il più a lungo possibile con i genitori.



E’ possibile invertire la rotta e creare un welfare italiano in grado di offrire risposte? I due studiosi non sono pessimisti. Una virtuosa riforma del welfare non è un’utopia e può essere realizzata prendendo spunto dai sistemi francesi e spagnoli, ovvero le strategie adottate in paesi assai simili all’Italia. Fondamentale però, scrivono chiudendo il volume, “è la volontà degli esecutivi di elaborare e finanziare un nuovo modello culturale che sia alla base di un’alleanza virtuosa tra Stato e famiglie”.