L'umana complicità di Inge Morath, prima fotografa di Magnum

L'umana complicità di Inge Morath, prima fotografa di Magnum
di Nicolas Lozito
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Martedì 26 Novembre 2019, 19:29 - Ultimo aggiornamento: 30 Novembre, 15:45
«Nel mio cuore, - scriveva Inge Morath - nel mio cuore voglio restare una dilettante, nel senso di essere innamorata di quello che sto facendo, sempre stupita delle infinite possibilità di vedere e usare la macchina fotografica come strumento di registrazione». Fotografa austriaca, nata a Graz Mörath con la umlaut nel 1923 e morta nel 2002 a 79 anni a New York (sposata con Arthur Miller e ormai senza dieresi), è una delle più importanti fotografe della storia, nonché la prima donna a entrare nella celebre agenzia Magnum. Giramondo, dagli occhi attenti, poliglotta: impara il francese a sei anni, da sola, per far dispetto alle suore, che nella sua prima scuola in Francia la mettono in prima fila in mezzo «ai meno intelligenti», e finirà per parlare sette lingue.

E' uscita una monografia dal titolo La vita. La fotografia. (Silvana Editoriale, 192pp, 30 euro), curata da Marco Minuz. Un volume che mette su carta quello che si può ammirare nella prima retrospettiva che sta girando l'Italia:  è stata a Palazzo Ducale di Genova, è stata a Treviso, e arriva a Roma dal 29 novembre (fino all'8 gennaio 2020 al Museo di Roma in Trastevere). Nelle 190 foto che racchiude il libro è perfetto riassunta una carriera tanto sfaccettata quanto unita da un unico filo rosso. Morath inizia come giornalista e solo dopo arriva alle immagini, con un viaggio decisivo a Venezia nel 1951: nei suoi scatti in bianco e nero non troviamo istanti decisivi di Cartier-Bresson, né i grandi avvenimenti di Robert Capa, né l'umanità differente di Diane Arbus. Nelle immagini di Morath, come scrive il curatore Minuz, c'è una «complicità costruttiva», un rapporto umano che prescinde la pellicola ma lì riesce a imprimersi per sempre. Calore umano, ma mai pietismo borghese, curiosità, ma non voyerismo. Una reporter silenziosa e umanista, che ha documentato il cambio di spirito delle società dopo la seconda guerra mondiale.

Il libro ospita quattro scritti iniziali, del curatore, di Kurt Kaindl e due della stessa Morath, per poi esporre con la carta della pagine che diventa lucida i migliori scatti della fotografa divisi per tipologia o luogo, e infine un ricco e comprensibile schedario con le didascalie. Il risultato è un oggetto da collezione, ma anche un libro da leggere per davvero, da cima a fondo, per capire qual è il pensiero dietro uno scatto, la vita dietro a un click, la grandezza della più brava fotografa dilettante di tutti.
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