“Francesco, il Papa delle donne”, l'opera dedicata al rapporto tra il Pontefice e il mondo femminile

La copertina del libro
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Giovedì 27 Febbraio 2020, 14:57
Può il leader a capo di una delle più grandi istituzioni al mondo, come la Chiesa cattolica, storicamente pervasa da atteggiamenti maschilisti e dalla tendenza a relegare le donne in ruoli subalterni, divenire oggi un grande alleato delle cause del mondo femminile? E’ quello che suggerisce Nina Fabrizio, giornalista e autrice di “Francesco Il Papa delle donne”, il primo volume che nell’ampia pubblicistica sul Pontefice argentino, ripercorre in modo sistematico il filo rosso del dialogo che in questi ormai sette anni di pontificato si è intrecciato tra il Papa e le donne.

Ci sono dunque tutti i grandi messaggi del Papa contro la tratta delle novizie, la profanazione della donna attraverso lo sfruttamento della prostituzione, l’abuso del lavoro domestico delle religiose, la condanna dei crimini sessuali e di coscienza contro le suore stesse, troppe volte avvenuti nell’omertà più buia della stessa istituzione.

Ci sono però anche i gesti che durante questi sette anni hanno impreziosito le parole e i discorsi di Francesco di momenti simbolici e di esempio: uno per tutti l’abbraccio con le ex vittime della prostituzione coatta durante uno dei venerdì della Misericordia il 12 agosto 2016 in una Roma semideserta e distratta rispetto a tanti drammi che si consumano tra le sue periferie.

Nel volume si raccontano anche alcuni rapporti personali che il Papa ha intrattenuto con donne che hanno a lungo sofferto come quello con Estela Carlotto, leader delle Abuelas de Plaza de Mayo, una donna che duramente si era rivolta a Francesco per ottenere da lui il via libera all’apertura degli archivi ecclesiastici argentini dove erano contenute le tracce dei bambini sottratti alle legittime madri nel corso delle barbare torture inflitte ai presunti nemici del regime durante la dittatura dei militari.

Ed emerge per la prima volta anche il carteggio tra Bergoglio e Maria Laura Bulanti, la mamma di Josè Garramon, un bimbo di appena dodici anni vittima di uno dei più orrendi crimini compiuti negli anni ’80 nella Capitale ma quasi ormai completamente dimenticato. Josè Garramon, figlio di un alto funzionario uruguaiano in servizio all’Onu e della moglie Maria Laura, scomparse una sera di dicembre del 1983 mentre era atteso dalla famiglia nella loro casa dell’Eur per appendere le decorazioni all’albero di Natale. Dopo prime vane ricerche, il corpicino straziato e violato di Josè fu ritrovato nella pineta di Castel Porziano, ma quel terribile crimine è rimasto per più di trent’anni senza responsabili, senza verità, e senza giustizia. Il caso fu derubricato a “incidente” e l’unico ad espiare una pena fu lo pseudo fotografo Marco Fassoni Accetti, condannato a un solo anni di carcere per omicidio colposo. Maria Laura, la mamma di Josè, a tanti anni di distanza da quel terribile fatto di sangue, spinta dalla nuova speranza che l’elezione dell’argentino Bergoglio le aveva ispirato, scrisse lettere piene di dolore e sofferenza a Francesco che volle per questo più volte incontrarla a Santa Marta. Uno dei tanti gesti, compiuti da Bergoglio dietro le quinte, per lenire a suo modo, il dolore delle donne.
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