Lunedì scorso la discussione, ieri - dopo una settimana - i giudici hanno sciolto la riserva. Cristian era accusato di omicidio volontario, vero, ma sin dalle prime battute di questa storia era chiaro che avesse agito a causa del comportamento del padre. L'attenuante della provocazione, del resto, era stata riconosciuta in appello quando la pena passò dai 14 anni del rito abbreviato a Latina, a 8. Al ragazzo erano stati già concessi gli arresti domiciliari, lì i professori andavano a fargli lezione, autorizzati dal magistrato. Si era diplomato, autorizzato a frequentare l'ultimo anno comunicando alle forze dell'ordine quando usciva da casa e il rientro, poi si era iscritto all'università. Un percorso di riabilitazione pieno, interrotto dall'arresto quando la sentenza è diventata definitiva: 7 anni e mezzo. Da lì il carcere, prima Latina e poi Rebibbia, dove Cristian ha continuato a studiare. E dove ha scritto la sua drammatica vicenda personale in terza persona, dando vita a "Con occhi rabbiosi la fissava", il libro premiato a Torino. Poi i suoi avvocati hanno giocato l'ultima carta e da ieri Cristian è libero. Lavorerà e continuerà a studiare, lo aspetta un futuro da biologo.
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