Alla fine, tutto archiviato: nessun profilo di illegalità, nel possesso di quei circa quaranta reperti archeologici finiti al centro delle indagini dell'autorità giudiziaria. Una conclusione che ha aperto le porte all'ormai prossimo ritorno a casa, nel luogo in cui le opere hanno dimorato per decenni.
Cioè nella villa alla periferia di Fondi che fu del pittore Domenico Purificato, protagonista del Novecento che in nome di una genuina passione per l'arte le aveva accumulate nel corso di una vita. Fino a mettere insieme una sorta di museo a cielo aperto, nel marzo del 2021 oggetto di un sequestro cautelare effettuato dai carabinieri, che contestualmente denunciarono la figlia del maestro, Teresa, gallerista romana che aveva ereditato l'immobile e l'annessa collezione paterna. «Impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato», l'ipotesi di reato. Ma, come dimostrato poi, di illecito non c'era nulla.
La fine di un incubo, per la donna e il fratello Pino. «Una faccenda assurda e molto dolorosa», commenta Teresa Purificato. «Moralmente abbiamo subìto un danno gravissimo.