Malati di talassemia positivi al Covid, il Comitato "Sangue infetto": «C'è chi evita terapie per paura del contagio in ospedale»

L'interno di un centro trasfusionale
di Giovanni Del Giaccio
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Domenica 26 Aprile 2020, 11:15 - Ultimo aggiornamento: 13:05

Casi positivi al Covid-19 tra malati di talassemia e pazienti che per paura evitano di andare a eseguire terapie salvavita. A denunciare la situazione e chiedere un intervento, oltre a offrire la propria collaborazione, è il delegato del Comitato vittime sangue infetto del Lazio, Marco Guzzon, con una lettera all'assessore regionale alla sanità Alessio D'Amato.

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Lettera che «​vuole essere un appello di aiuto, con richiesta urgente di provvedimenti, trasparenza e informazioni compartecipate, in merito allo stato di emergenza dovuta alla pandemia Covid-19. Si susseguono senza sosta, giorno dopo giorno, le notizie di contagi negli ospedali, nelle case di cura, nelle RSA. Siamo venuti a conoscenza di casi positivi al Covid-19 di pazienti talassemici che effettuano le terapie trasfusionali al Policlinico Umberto I  e all’Ospedale sant’Eugenio di Roma». 

Ma non è tutto: «Abbiamo ricevuto  motivate segnalazioni di persone con talassemia che preoccupate dalla diffusione del virus negli ambienti ospedalieri hanno paura di effettuare addirittura le proprie terapie salvavita». 

Segnalati, fra l'altro, i disagi al reparto del Sant’Eugenio dedicato alle terapie trasfusionali «chiuso a metà marzo per 3 giorni con la motivazione di emergenza Covid-19, col risultato che i pazienti hanno dovuto rimandarle loro terapie salva vita con lunghe attese. A tutt’oggi sono stati spostai in un reparto più piccolo dove altri pazienti fanno la chemio terapia, causando loro gravi disagi, anche dovuti alla riduzione delle persone che possono accedere alle terapie trasfusionali comportando dei ritardi delle stesse, con tutte le problematiche di non poco conto per il loro benessere e per la loro salute».

I pazienti con talassemia, i quali hanno problemi di produzione di emoglobina che trasporta l'ossigeno nel sangue, sono malati cronici «che per rimanere in vita - ricorda Guzzon - sono costretti a recarsi periodicamente nei centri di cura ospedalieri». Da qui la richiesta di un protocollo «per tutelare la sicurezza di queste persone, come cittadini “in prima linea”, e insieme ai medici e agli operatori sanitari, siamo coscienti che questa pandemia  ha toccato i nostri reparti e che gli stessi, purtroppo sono diventati un pericolo di contagio. Come tutti i malati del paese, comprendiamo perfettamente l’emergenza di combattere la pandemia, e siamo ben consapevoli che questa non è solo la lotta per la tutela della nostra salute, ma per la salute di tutti».

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Si chiedono «linee guida chiare, perché l’impressione più viva è che ancora in tanti ospedali si navighi a vista, e le azioni intraprese dal Paese per affrontare l’emergenza, vengono da noi spesso percepite contraddittorie e poco incisive. In particolare, la cura della talassemia sembra essersi ridotta, agli occhi di chi amministra le aziende sanitarie, al semplice accesso trasfusionale, senza tener conto di tutte le complicanze, di tutto il follow up necessario e di come il personale medico debba poter avere il tempo di valutare la salute del paziente nel complesso e non solo il dato trasfusionale».

I pazienti chiedono di  essere proficuamente coinvolti per studiare insieme le procedure migliori e propongono : «Un protocollo unico regionale per accedere nei reparti dove si curano i pazienti cronici come noi,  tamponi ed esami sierologici che riscontrino eventuali positività al Covid-19, sia ai pazienti che agli operatori sanitari,  strutture adeguatamente organizzate ed attrezzate per prendere in carico eventuali pazienti cronici che risultassero positivi, adeguamento dell’organico degli operatori  che si occupano di Talassemia e della raccolta sangue, istituzione della rete regionale per le emoglobinopatie  progettata   negli incontri del tavolo tecnico regionale  e soluzione dei problemi creati dalle farmacie territoriali ospedaliere, affinché ci vengano consegnati farmaci e presidi con una fornitura sufficiente almeno per un mese»

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