Soumahoro, inchiesta chiusa per la moglie e la suocera. L'accusa: «False fatture per 2 milioni»

Soumahoro, inchiesta chiusa per la moglie e la suocera. L'accusa: «False fatture per 2 milioni»
di Marco Cusumano
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Mercoledì 5 Aprile 2023, 16:16

Un enorme giro di false fatture, messo in piedi con associazioni fantasma, per oltre due milioni di euro. È quanto emerge da una delle due inchieste avviate dalla Procura di Latina sulla gestione dei migranti nelle cooperative della famiglia del deputato Aboubakar Soumahoro.

L'indagine sugli aspetti fiscali, affidata alla Guardia di Finanza, è stata chiusa dal sostituto procuratore Andrea D'Angeli. L'altra, ancora aperta, punta invece a fare chiarezza sulle condizioni in cui venivano ospitati i migranti all'interno delle strutture gestite da "Karibu" e dal "Consorzio Aid" facenti capo a Marie Therese Mukamitsindo, Liliane Murekatete, Michel Rukundo rispettivamente suocera, moglie e cognato di Soumahoro.

La Procura pontina ha approfondito i numeri delle coop che gestivano i migranti nel Lazio e soprattutto il giro di fatture false che avrebbero provocato un'enorme evasione fiscale.

Confermate le accuse che il 15 dicembre scorso portarono all'ordinanza del gip che dispose le misure cautelari interdittive e il sequestro preventivo di 639.455 euro nei confronti della presidente della coop (Marie Therese Mukamitsindo) e di 13.368 euro nei confronti della figlia, Liliane Murekatete, moglie di Soumahoro, e del fratello Michel Rukundo. Risultano indagati anche Richard Mutangana, Ada Ghislaine Ndongo e Christine Ndyanabo Kabukoma che figuravano come legali rappresentanti dell'associazione di promozione sociale "Jambo Africa" dal 2014 ad oggi.

IL MECCANISMO
Il fulcro del sistema di evasione ruotava proprio intorno all'associazione "Jambo Africa" che aveva la stessa sede della coop della suocera di Soumahoro. Secondo il giudice Giuseppe Molfese era un'associazione "schermo", costituita solo «per prestare manodopera alla Karibu, secondo collaudati schemi illegali di esternalizzazione, per evitare o ridurre i costi». In pratica la finta associazione veniva «utilizzata in un meccanismo fraudolento di fatture per operazioni inesistenti, per giustificare a posteriori le uscite di denaro che la Karibu aveva l'obbligo di rendicontare nell'ambito dei progetti Sprar e Cas».

AFFARI DI FAMIGLIA
Il giudice descrive un sistema di accoglienza a "gestione familiare", con un intreccio di cooperative, consorzi, associazioni che alla fine riportavano sempre agli stessi nomi. I ruoli venivano spesso scambiati, ma l'obiettivo non mutava mai: ottenere i finanziamenti per la gestione dei progetti di accoglienza. I tre vertici del gruppo «hanno mostrato elevata spregiudicatezza criminale nell'attuare un programma delinquenziale, a gestione familiare, protratto nel tempo» scrive il giudice Molfese. Un sistema che provocava conseguenze drammatiche per i migranti, abbandonati in appartamenti fatiscenti, al freddo e spesso senza cibo adeguato.

Nelle carte dell'indagine si parla anche di «spregiudicatezza e opacità nella gestione degli ingenti fondi assegnati alla cooperativa sociale, in parte non rendicontati e in parte utilizzati per scopi apparentemente estranei allo scopo sociale: acquisto di beni in negozi di abbigliamento di lusso».

L'avvocato di Murekatete, Lorenzo Borrè, che ha già depositato una memoria difensiva, sottolinea: «L'unica accusa contestata alla mia assistita è quella di aver provocato un danno da evasione fiscale per 13.368 euro». Ora i sei indagati rischiano il rinvio a giudizio. Intanto è stata fissata a giugno l'udienza in Cassazione per il ricorso presentato da Michel Rukundo, difeso dall'avvocato Fabio Pignataro, per contestare il sequestro.

Nei giorni scorsi, Francesco Capello, il commissario liquidatore della "Karibu", ha incontrato i magistrati che indagano sulla cooperativa e il sindacalista Gianfranco Cartisano della Uiltucs che assiste gli ex lavoratori.

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