C'erano società legate a doppio filo al gruppo Midal che funzionavano con consigli di amministrazione che erano tali soltanto sulla carta ma in realtà non decidevano nulla e i cui componenti, dipendenti del gruppo, si limitavano a firmare verbali di riunioni alle quali non avevano partecipato e dare il via libera a bilanci dei quali non conoscevano il contenuto. E' quanto è emerso ieri mattina nel corso della nuova udienza del processo per il crac della Midal per il quale siedono sul banco degli imputati i vertici dell'ex colosso alimentare accusati di bancarotta fraudolenta.
Il Tribunale presieduto da Gian Luca Soana ha ascoltato alcuni testi citati dalla difesa degli imputati, l'ex amministratore delegato del colosso alimentare Paolo Barberini, il presidente del consiglio di amministrazione Rosanna Izzi, il revisore addetto al controllo contabile Sandro Silenzi, il presidente del collegio sindacale Sergio Gasbarra, il manager Ivo Lucarelli, i due sindaci oltre agli imprenditori Piero e Antonio Bova e Giuseppe Piscina e del marito della Izzi, Giacomo Pontillo, chiamati a rispondere di bancarotta fraudolenta. In aula è stato ascoltato un ex componente dei consigli di amministrazione di alcune società del gruppo Izzi - anche queste dichiarate fallite e oggetto di procedimenti penali ancora in fase preliminare - che risulta indagato in uno di questi procedimenti.
L'uomo ha anche precisato di essersi rapportato sempre con Paolo Barberini e soltanto dopo l'uscita di quest'ultimo dal gruppo Midal con Rosanna Izzi. «Quando Barberini è andato via ha spiegato in aula avevo rapporti con Rosanna Izzi, per me e per gli altri consiglieri lei rappresentava la proprietà». Poi è stata la volta del commercialista che valutò i rami aziendali che rappresentavano il 10% del mercato sul territorio pontino.
© RIPRODUZIONE RISERVATA