Sabrina Di Girolamo, operata per un tumore benigno resta tetraplegica. «Manovra eseguita da uno specializzando»

Sabrina Di Girolamo e ai suoi familiari un risarcimento-danni complessivo di oltre un milione e 600 mila euro

Sabrina Di Girolamo, operata per un tumore benigno resta tetraplegica. «Manovra eseguita da uno specializzando»
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Sabato 29 Aprile 2023, 14:17 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 18:51

Un'operazione si è trasformata in un incubo per Sabrina. Titolare di un negozio di parrucchiera a Terracina, moglie innamorata e madre di due figlie adolescenti: la giovane donna di Latina aveva scelto l’Azienda ospedaliera di Verona per farsi operare un tumore benigno. Doveva essere un intervento di routine: le avevano assicurato «zero rischi, nessuna possibile complicazione». Ora la donna è tetraplegica.

Da Terracina a Verona 

«Avevo solo 36 anni, due figlie da crescere e tanti sogni... Quel maledetto giorno mi hanno tolto tutto, la mia vita è diventata un inferno.... Mai e poi mai riuscirò ad elaborare questa nuova realtà nonostante siano passati quasi sei anni, il mio sorriso è per le persone che mi vogliono bene, invece le lacrime sono quelle che ho nel cuore ogni momento di questa maledetta vita...». Sabrina Di Girolamo lo chiama «il mio inferno» e nessuno, purtroppo, potrebbe raccontarlo meglio di lei: «La data che mi ha cambiato per sempre la vita, distruggendomela, è stata il 22 agosto 2017».

Quando si è risvegliata dall’anestesia, «è iniziato il mio incubo: non muovevo più gambe e braccia, anzi non le muoverò mai più». La diagnosi ha lasciato Sabrina senza fiato ma soprattutto senza speranze: «Gravissima tetraplegia, con impossibilità di movimento di tutti e quattro gli arti».

 

Il risarcimento

Un «inferno» che secondo la magistratura scaligera si sarebbe potuto evitare: è quanto ha sancito il giudice civile del Tribunale di Verona Luigi Pagliuca, che con la sentenza del 7 dicembre scorso (già impugnata dall’Azienda ospedaliera scaligera) ha riconosciuto a Sabrina e ai suoi familiari (assistiti dai legali Valentina Tirotta, Massimo Dal Ben e Monica Carlisi) un risarcimento-danni complessivo di oltre un milione e 600 mila euro, ed è quanto contesta anche il giudice Marzio Bruno Guidorizzi, che il 27 aprile ha disposto il processo per due medici.

Si tratta del neurochirurgo incaricato di eseguire l’intervento, rinviato a giudizio per rispondere di lesioni colpose commesse nell’esercizio della professione sanitaria, e dell’anestesista, per il quale la Procura scaligera chiedeva l’archiviazione e di cui è stata invece ordinata l’imputazione coatta.

 

 

Cos’è accaduto durante l'operazione?

Il giudice civile che ha disposto il maxi risarcimento-danni nelle 46 pagine di sentenza: «Deve ritenersi che la manovra di posizionamento della paziente fosse stata scorrettamente eseguita, provocando il trauma che avrebbe poi determinato l’attuale condizione di tetraplegia». Il passaggio successivo lascia interdetti: «L’autore della manovra - rimarca il Tribunale di Verona - era stato un semplice specializzando, la cui attività avrebbe dovuto essere supervisionata dal neurochirurgo responsabile dell’intervento. Questi invece non era stato presente durante la suddetta manovra come invece avrebbe dovuto». Da lì è iniziato quello che Sabrina definisce «il mio inferno».

L’esito dell’operazione è stato a due facce: da un lato, l’asportazione del neurinoma è risultata «perfettamente riuscita», dall’altro però «gli accertamenti evidenziavano immediatamente la presenza di una sofferenza endomidollare acuta, con importante edema». La manovra di un medico specializzando Il risultato è senza appello: Sabrina è «attualmente e in modo permanente impossibilitata a muovere i quattro arti, non è in grado di controllare il tronco e necessita di completa assistenza per la cura della propria persona, essendole interdetto ogni movimento».

Un caso di presunta malasanità tutt’altro che chiuso, quello accaduto in sala operatoria a Verona quel «maledetto» 22 agosto del 2017. L'asportazione del tumore e la lesione «Da allora la mia vita si è fermata, non sono nemmeno più in grado di abbracciare le mie bambine e quello che mi fa più male è che prima dell’operazione io da mamma mi occupavo di loro, mentre adesso sono loro, le mie figlie, a doversi occupare di me insieme a mio marito». Le parole di Sabrina fanno rabbrividire, mentre le carte processuali descrivono il suo «incubo» in modo freddo ma dettagliato. Tra il 2016 e il 2017 le avevano diagnosticato un «neurinoma dell’acustico delle dimensioni complessive di circa 16 millimetri per 12, collocato in corrispondenza della fossa cranica posteriore»: per asportarlo, Sabrina si è sottoposta a un intervento chirurgico di «craniectomia retro mastoidea destra che prevedeva la collocazione, in anestesia totale, della paziente in posizione semi seduta con fissaggio della testa su una tastiera a tre punte, leggermente flessa in avanti e ruotata verso destra, posizione in cui la paziente era dovuta permanere per tutta la durata dell’intervento».

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