L'olio pontino soffre, vendite in calo del 70%: l'analisi degli imprenditori

Oliveto Cori
di Alessandra Tabolacci
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Mercoledì 17 Giugno 2020, 05:15
Soffre l’olivicoltura pontina al tempo del Coronavirus e non potrebbe essere altrimenti. Ma forse un po’ meno del resto della regione. Recentemente infatti la Coldiretti Lazio ha parlato di disdette superiori all’80% delle richieste, sia nazionali che estere, per le eccellenze di olio Dop, Igp, Doc e Docg del Lazio determinate dalla chiusura totale cui ci ha costretto il Covid-19. Uno degli sbocchi principali per le produzioni di qualità è la ristorazione e lo stop del cosiddetto Ho.Re.Ca. (acronimo di Hotellerie, Restaurant e Cafè oppure Catering) ha pesato enormemente sul settore. Sentendo le voci dei produttori nostrani, però, la diminuzione delle vendite risulta minore e si attesta tra il 60 e il 70% per la fase del lockdown.

«Soprattutto per chi lavora con la ristorazione – spiega Cosmo Di Russo, dalla sua azienda di Gaeta - gennaio e febbraio sono mesi piuttosto fermi, in genere si aspetta la primavera con Pasqua, il primo maggio e i primi movimenti nelle zone balneari per riprendere a pieno ritmo». Tutto questo invece nel 2020 non è avvenuto a causa del periodo di confinamento iniziato a marzo e, ormai, chiosa il produttore pontino: «Quel che è perso è perso. Non si recupera più».

«Nostri clienti che operano nel comparto del turismo al Nord, nelle zone di Trento e del Garda – gli fa eco da Cori Bruno Ferretti, dell’azienda Pietra Pinta – e che lavorano molto con i villeggianti tedeschi, hanno avuto la stagione (che lì parte presto) praticamente compromessa. Ormai ci vorrà luglio per rientrare a regime». Ha pesato inoltre, come conferma Coldiretti, anche l’utilizzo abbastanza diffuso per uso domestico di olii di categoria inferiore, venduti a prezzi più bassi rispetto all’olio extravergine. Il “clima di guerra” che si viveva (e da un punto di vista economico ancora si vive) ha fatto sì che l’attenzione dei consumatori andasse sul necessario e sul risparmio, non sulla qualità, penalizzando maggiormente i prodotti di eccellenza. Unico fattore positivo, ma che non ha coperto le enormi perdite sul fronte ristorazione, è stato quello del mercato online e delle consegne a domicilio così come la grande distribuzione ha aiutato a contenere i danni.

Ora le cose cominciano ad andare meglio e, anche se è presto per dati certi poiché la riapertura è troppo recente, si viaggia attorno al 40-50% in meno dello scorso anno. «Ad esempio – racconta ancora Di Russo - nel Triveneto, in Emilia Romagna e sulla stessa Roma abbiamo ripreso una distribuzione importante, ma mancano ancora i locali d’élite che lavorano con un certo tipo di clientela, quelli sono i nostri partner che soffrono di più». E poi ci sono problematiche legate alla somministrazione dell’olio al tavolo del ristorante: non si può più avere, per questioni igieniche, il contenitore che viene passato di mano in mano. Le fasce intermedie hanno optato per il sommelier dell’olio al tavolo oppure per una bottiglietta monodose da 10 cc che a fine pasto viene portata via dal cliente, ma i costi dei formati incidono. Insomma, i fattori da considerare sono molti, il quadro è in evoluzione perché ciò che è accaduto è un’assoluta e imprevista novità e lo scenario del futuro è ancora da disegnare. «Però – considera infine Ferretti - il Covid ci ha costretti a guardare un perimetro più piccolo. Sempre più importante l’attenzione alla prossimità, all’economia locale che garantisce qualità».
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