Degli interventi strutturali in un'attività produttiva che si trova nelle campagne di Terracina finanziati con fondi partiti da Bruxelles, ma la cui ultimazione è stata messa a repentaglio dalle sabbie mobili della burocrazia locale. In questo caso rappresentata dal Comune, per lunghi mesi sordo alle richieste giunte dalla controparte privata per chiudere le pratiche relative a una variante al progetto originario. Anzi: più che sordo, muto. Gli uffici di piazza Municipio non hanno mai risposto alle ripetute istanze. Mentre i giorni scorrevano, e il progetto risultava a rischio nonostante una corposa proroga all'ultimazione concessa dalla Regione Lazio, l'ente che aveva indirizzato i soldi Ue all'ombra del Tempio di Giove.
Tutto in sospeso, finché sulla vicenda non è intervenuto il Tar, che oltre a dare una tirata d'orecchi alla macchina amministrativa ha nominato un commissario, pronto a subentrare al Comune in caso di ulteriore immobilismo. Eppure, nel corso dei mesi sarebbe solo bastato esprimersi con un sì o un no. Al centro del caso, l'azienda agricola La Pescara, localizzata in zona San Martino e attiva nell'allevamento di capi di bestiame e nella produzione di latte di bufala.
Come anticipato, alla fine l'impresa si è vista costretta a rivolgersi al Tar, con i giudici amministrativi della sezione distaccata di Latina che nella relativa sentenza hanno ordinato al Comune - non costituito in giudizio - di dare finalmente una risposta sulla variante congelata, non oltre il termine di 30 giorni. In caso contrario, largo all'entrata in scena del commissario.
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