Latina, parcella miliardaria per le Terme, il caso non è chiuso: la Cassazione accoglie un ricorso

Latina, parcella miliardaria per le Terme, il caso non è chiuso: la Cassazione accoglie un ricorso
di Elena Ganelli
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Sabato 5 Settembre 2020, 08:52 - Ultimo aggiornamento: 09:10
Da rifare la causa che vede contrapposti il Comune di Latina, la Società Italiana Condotte d'Acqua spa e l'architetto Antonio Edis Mazzucco che da anni rivendica il pagamento di una parcella per l'attività professionale svolta. All'origine della lite giudiziaria il contratto stipulato il 29 luglio 1987 per alcune progettazioni per le quali il professionista rivendica la somma di 2 miliardi e 359mila delle vecchie lire. La sentenza di primo grado del Tribunale di Roma, chiamato a decidere sull'opposizione al decreto ingiuntivo promossa dal Comune nei confronti di Mazzucco, aveva dichiarato inammissibile la domanda nei confronti della Società Italiana Condotte d'Acqua in quanto irritualmente formulata, aveva accolto l'opposizione e condannato il professionista alla restituzione al Comune di 63.446 euro quale somma indebitamente incassata Il tutto ritenendo applicabile la clausola per effetto della quale alcun compenso sarebbe stato corrisposto nel caso in cui l'ente locale non avesse fruito dei finanziamenti da parte della Comunità Europea. Avendo Mazzucco ricevuto somme superiori a quelle dovute la Corte di Appello di Roma nel settembre 2015 ha rigettato il suo ricorso condannandolo a restituire l'eccedenza.

Nelle scorse settimane però la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha deciso che quella sentenza deve essere «cassata atteso che, indipendentemente dalla finzione di avveramento, poiché i finanziamenti erano stati erogati e poi rinunciati, l'evento condizionante risulterebbe essersi avverato e quindi la condotta del Comune implicherebbe una rinuncia alla condizione che è possibile solo in caso di condizione unilaterale. La possibilità che il Comune dovesse partecipare finanziariamente alla realizzazione dell'opera scrivono ancora i giudici - era una circostanza verosimilmente già presente a tale epoca della conclusione del contratto, non potendosi quindi dare rilevanza ad una sopravvenuta valutazione circa la proporzione tra finanziamenti attesi ed oneri incombenti in proprio sull'ente committente». La Suprema Corte ha quindi disposto il rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per un nuovo esame della vicenda.
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