Carlo III con lady Diana a Ninfa nel 1985, andò così: la Rolls Royce, i ravioli e i 18 invitati

Carlo III con lady Diana a Ninfa nel 1985, andò così: la Rolls, i ravioli e i 18 invitati
di Vittorio Buongiorno
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Martedì 13 Settembre 2022, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 15 Settembre, 12:04

Trentasette anni dopo emergono nuovi particolari sulla visita a Ninfa del nuovo re d'Inghilterra. Il 28 aprile 1985, l'allora principe del Galles e la sua consorte di allora, la principessa Diana, si regalarono una giornata intera nel giardino più bello del mondo. Grazie al racconto di Lauro Marchetti oggi è possibile svelare chi c'era e cosa accadde.
All'epoca su quella visita calò il silenzio, nonostante in quei quindici giorni in Italia Carlo e Diana furono seguiti passo passo da frotte di giornalisti e fotografi. Ma quella mattina, quando lasciarono villa Wolkonsky, residenza dell'ambasciatore inglese a Roma, il corteo di auto riuscì a seminare i paparazzi. «Con qualche aiuto» ammette Lauro Marchetti, per anni direttore del Giardino e prima ancora pupillo di Huberts Howards e di Lelia Caetani, ultima discendente della casata che negli anni venti del secolo scorso ha creato il giardino attorno alle rovine dell'antica Ninfa. Oggi tutti i beni pontini dei Caetani sono curati dalla Fondazione intitolata a Roffredo a cui è affidato l'onore e l'onere di tutelarli e valorizzarli.

 


Quella mattina di 37 anni fa la Rolls Royce dorata fu scortata dai poliziotti in motocicletta a tale velocità che il convoglio riuscì a seminare i paparazzi. «Tutto era predisposto al millimetro» racconta Marchetti. «Le auto trovarono il cancello aperto, entrarono con una sterzata repentina e sparirono alla vista». Dentro, ad accoglierli c'erano Hubert Howards e un numero ristrettissimo di invitati. Diciotto in tutto. A parte Marchetti non c'erano altri pontini. Oltre all'entourage dei principi, c'erano l'ambasciatore Bridges e signora, il marchese Alfredo Diana, all'epoca senatore, con la moglie Olga; la contessa Flavia della Gherardesca, il conte Enrico Floridi e la moglie, il conte Guido Pasolini con la moglie Letizia e le contesse Desideria e Ginevra Pasolini.
«Carlo arrivò in kilt, era in uniforme, quella mattina a villa Wolkonsky c'era stata una cerimonia con la banda militare scozzese» racconta Marchetti.

Lady D indossava invece un abito rosa antico e scese dall'auto con un ampio cappello in tinta. Il tempo di rinfrescarsi (Carlo si cambiò anche d'abito) e cominciò la visita del Giardino. «Era interessato a tutto, di ogni pianta chiedeva chiarimenti, voleva sapere il nome latino, si stupì di vedere l'erica così a sud e si informò sulle clematis. Passò praticamente tutto il tempo chinato ad osservare fiori e piante da vicino».

Carlo raccontò anche perché aveva deciso di visitare Ninfa. «Era stata sua nonna a raccomandarsi, la regina Madre era stata qui due volte negli anni Sessanta, io ero ragazzino, ed era rimasta astonished, folgorata». Mentre Carlo voleva vedere tutto e sapere tutto, la principessa Diana si rilassò sulla riva del fiume Ninfa. «Era preoccupata solamente che non vi fossero fotografi», una angoscia che la perseguitò per tutta la vita. «Quando fu rassicurata si tolse le scarpe e camminò a piedi nudi sull'erba».
Il pranzo fu curato da Gavina, la cuoca sarda che lavorava per Hubert Howards. «Tutto buonissimo» dice Lauro mostrando il cartoncino su cui era stato scritto il menù. Ravioli di ricotta, dentice del Circeo con maionese ed insalata, pollo arrosto all'italiana con asparagi, patatine e carote, e per finire insalata di frutta con mousse al limone. Il vino era un Montepetri Pasolini del 1983.

«L'etichetta impose che il padrone di casa stesse al tavolo con la principessa, così mi ritrovai seduto accanto al principe del Galles» ricorda Marchetti. «Disse che era colpito dal modo di considerare il giardino come un ecosistema. Amava la natura e la bellezza, Ninfa non poteva che piacergli». Fuori il servizio d'ordine era imponente. Nulla era stato lasciato al caso. Unica concessione: consentire ai familiari di Lauro e ai giardinieri che lavoravano a Ninfa di salutare i principi sotto alla torre al momento della partenza.
Anche qui una curiosità. Tra i quattro giardinieri ammessi c'erano due giovani fratelli, Antonio e Michele Aumenta: dopo essersi fatti le ossa a Ninfa hanno creato un impero florovivaistico, allestendo tra Pontinia e Priverno un parco con piante monumentali di tutto il mondo.
Quella sera dopo essere tornato a Roma Carlo scrisse una lettera di ringraziamento. «My wife and I - iniziava così - are so grateful to you for yours immense kindness» rivolgendosi a Hubert Howards. Definì il giardino breathtaking, da togliere il respiro. «Abbiamo odiato lasciare la meravigliosa e tranquilla atmosfera per tornare al frastuono del traffico di Roma». Un'atmosfera così coinvolgente, fatta di piante, fiori e rovine, che il principe ammise che avrebbe fatto fatica, una volta a casa, a non demolire parzialmente uno o due edifici della sua tenuta Highgrove House nel Gloucestershire per ricrearla. Quanto ai ravioli li definì delicious, aggettivo sottolineato nella lettera. «Un bel ricordo, avevo poco più di trent'anni e fu una grande esperienza». Diana morì nel 1997. Carlo non è mai più tornato a Ninfa.
 

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