Guarda i casi della vita. Il libro presentato alla vigilia del convegno Mi chiamo Littoria, offre lo spunto per riflettere su questa città, su cosa era e su cosa è diventata. Perché l'architetto Cerocchi l'ha attraversata lasciando un segno. Chissà se lo immaginava quando fondò con tre amici l'associazione Campus Internazionale di Musica. «Il logo del Campus è una scansione dello spazio proprio come fanno architetti e urbanisti e come fanno i musicisti», ha spiegato il giornalista Emilio Drudi, sottolineando che «il lavoro fatto dal campus in campo musicale è un lavoro fatto ai vertici, uno sguardo sul mondo, Latina grazie a lui è stata ed è conosciuta in tutto il mondo come il posto dove questa associazione, oggi Fondazione, riesce a proporre studi, ricerca, musica a livello internazionale. Questo era il modello proposto dal Campus con la speranza che venisse adottato anche in altri ambiti», racconta Drudi. Un modello ancora attualissimo. «Io credo che questa città o decide di seguire questo esempio o è destinata a diventare periferia».
«Un diario di bordo», come l'ha definito Giorgio Maulucci, che racconta come la città è nata due volte. «Fu uno di quelli che la vide nascere e rinascere - ha spiegato Rosolini - questa città così strana, che a volte ci inquieta, perché non sappiamo chi siamo. Questo libro ci dà una chance per riflettere». Perché Cerocchi ha dimostrato che anche da una città invisibile è stato possibile non solo andare in giro per il mondo a parlare con grandi architetti, ma anche convincere grandissimi musicisti a venire a suonare e a insegnare a Latina o a Sermoneta. Lo ha fatto per amore della sua terra, senza altro tornaconto che crescere e farla crescere.
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