Latina, caso Kyenge, Moscardelli non vota l'autorizzazione a procedere contro Calderoli

Latina, caso Kyenge, Moscardelli non vota l'autorizzazione a procedere contro Calderoli
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Sabato 7 Febbraio 2015, 11:00 - Ultimo aggiornamento: 8 Febbraio, 18:26
​LATINA - La giunta per le immunità del Senato decide di non procedere contro il leghista Roberto Calderoli, il quale diede dell'orango all'ex ministro Cecile Kyenge, e nel polverone delle polemiche finisce anche Claudio Moscardelli. Il senatore pontino del Pd, insieme al capogruppo Giuseppe Cucca, è tra quelli che non hanno votato l'autorizzazione a procedere contro l'esponente della Lega Nord per le sue pesanti affermazioni. La vicenda risale a oltre un anno fa, ma ieri la mancata autorizzazione ha fatto scatenare il putiferio.



L'ex ministro dell'integrazione si è detta «sorpresa e triste, non per me, vorrei uscire da questa logica perché non stiamo valutando Calderoli come persona. Io lui l'ho perdonato. Quello che bisogna capire è se queste parole possano essere usate in un dibattito politico normale o se siano semplicemente espressioni razziste». La Kyenge auspica che si tratti di «un incidente di percorso» e che l'aula del Senato possa, invece, concedere l'autorizzazione, perché «si sta creando un precedente molto pericoloso». Di diverso avviso, ovviamente, Moscardelli: «Le accuse relative alle incitazioni all'odio razziale risultano infondate, visto anche il contesto politico nel quale le frasi in questione sono state pronunciate e la configurazione del movimento della Lega, nel cui ambito operano anche diverse persone di colore».



La vicenda, come ha spiegato anche Cucca, è se possa essere contestata o meno l'istigazione all'odio razziale. Unico motivo per il quale il magistrato ha presentato la richiesta di autorizzazione. «Il giudizio politico lo abbiamo espresso a suo tempo e resta - dice Cucca - ma la Giunta delle immunità non è un organo politico bensì giurisdizionale. Deve quindi esprimere giudizi di natura giuridica. I suoi componenti devono attenersi al rispetto del principio di legalità e sono chiamati ad assumere comportamenti conseguenti. «Nelle gravi parole di Calderoli sussistono tutti gli estremi del reato di diffamazione, perseguibile solo a querela di parte che però non è stata presentata, mentre la giunta ha ritenuto ha ritenuto che la fattispecie dell'istigazione all'odio razziale non sussistesse».
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