Daniele ha affrontato il trasferimento con lo spirito che lo ha contraddistinto anche nello studio delle scienze infermieristiche: grande impegno e determinazione: «Ammetto che la prima sensazione che ho avvertito è stata la paura perché sto affrontando una situazione, nella mia prima esperienza lavorativa, che in Italia non si era mai vista. Ma nell'ospedale di Dolo ho trovato una grande organizzazione e tutti mi hanno tranquillizzato, mi hanno subito accolto come un figlio o un fratello, non mi sono mai trovato in situazioni difficili da gestire, si lavora molto bene», racconta con orgoglio. La sua giornata dentro l'emergenza si svolge così: «L'infermiere più giovane viene affiancato da quello più esperto, nel mio caso trovo spesso in turno con me una professionista di Latina, che opera qui da diversi anni e che rimane fuori dalla stanza del ricoverato per preparare la terapia che io poi somministro». Alcuni potrebbero pensare che non è una procedura sicura, ma in realtà non è così: «Se mi fossi trovato io a dover preparare la terapia avrei impiegato più tempo del collega più esperto, rallentando il lavoro di tutti, in questo modo invece ho la possibilità di capire sul campo sia come vengono preparate le terapie, sia come somministrare i farmaci. Ovvio che se dovessi riscontrare il minimo problema, il collega entra a gestire la situazione, fortunatamente finora non è capitato». Ma qual è la situazione fuori dall'ospedale? «Ho preso una casa in affitto, Dolo non è una grande città, ma le persone qui sono molto disciplinate, capiscono bene l'emergenza. E' difficile trovare persone in strada». La prossima settimana, come prevede il protocollo per la Regione Veneto per i sanitari, Daniele sarà sottoposto al tampone per il Covid 19: «Ho sempre lavorato in sicurezza quindi sono abbastanza tranquillo racconta qui la situazione non è semplice, ma si lavora duro per combattere questo nemico silenzioso e sono felice di far parte di questa squadra».
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