Giorgia Castriota, soldi e depistaggi. I trucchi della gip: «Il cane mi ha mangiato il telefono»

Il magistrato, ora in cella, si vantava: "Ancora deve venire chi mi frega"

Giorgia Castriota, soldi e depistaggi. I trucchi della gip: «Il cane mi ha mangiato il telefono»
di Valeria Di Corrado
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Domenica 23 Aprile 2023, 10:05 - Ultimo aggiornamento: 24 Aprile, 09:03

ROMA Per occultare le prove che avrebbero potuto incastrarla, il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Latina Giorgia Castriota, finita tre giorni fa in carcere, sarebbe arrivata al punto di dire che il suo cane Riccardo le aveva «mangiato il telefono». «Ancora deve venire chi mi si fotte». Questa frase dà il metro della sfrontatezza con la quale il magistrato 45enne avrebbe approfittato del suo ruolo per nominare consulenti "amici", nell'ambito delle procedure di amministrazione giudiziaria dei beni sequestrati, facendosi ripagare con una serie di mazzette che le servivano a soddisfare quelli che lei chiamava «sfizi»: come un Rolex da 6.300 euro, un viaggio a New York da 3.200 euro con il compagno, l'abbonamento in tribuna d'onore all'Olimpico di Roma del valore di 4.300 euro, un "Dado" di Bulgari da 1.900 euro. E tutto questo «perché si ostina a voler vivere al di sopra delle proprie possibilità economiche», scrive la collega gip del Tribunale di Perugia, Natalia Giubilei, nell'ordinanza di arresto.

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«LA MIA PAURA PIÙ GRANDE»
Il 6 aprile scorso, in un'ambientale captata dai finanzieri mentre la giudice si trova in auto con il suo compagno Silvano Ferraro (anche lui finito dietro le sbarre), commentano la notizia appresa di essere sotto inchiesta: «Se avessimo dato retta alla nostra paura più grande a quest'ora qua non ci trovavamo, questa era la paura più grande mia e di Paolo, quella che ci trovavamo tutti quanti indagati a Perugia per corruzione, quando c'è stato... hanno scoperto la storia del nano. Alla fine questo si è verificato». A quel punto - secondo il gip umbro - la coppia mette in atto una serie di strategie per inquinare le prove, distruggendo i contenuti nello smartphone o nel pc, disfacendosi di beni di lusso in proprio possesso, condizionando eventuali testimoni. Così pensano di dare in permuta un computer fisso per un portatile. «Vado io a Bufalotta (centro commerciale, ndr) se tu non vuoi venire», propone Castriota. Ma Ferrero si preoccupa di essere visto: «Ce sta la videosorveglianza». La giudice, dall'alto della sua esperienza nelle indagini, lo tranquillizza: «Ma mica le tengono per 20 anni. Generalmente 3 settimane». Due giorni prima, inoltre, tiene a precisare con una conoscente che il suo cane: «Mi ha spaccato il telefono in mille pezzi. Non ho recuperato un dato, tranne quelli che avevo sulla scheda». In uno sfogo dell'8 aprile con un collega, spiega: «Non c'ho casa, c'ho il prestito per la macchina (...) Non ho niente da nascondere, venissero a casa mia non ci trovano manco un anello, trovano solo il Rolex che m'ha lasciato mio padre morto (...) e tu mi vieni ad accusare di corruzione».
Eppure solo un mese e mezzo prima, il 18 febbraio, Ferraro le dice: «Te devo dà na cosa, te la do adesso perché sennò...».

E la Castriota, preoccupata di essere vista, risponde: «A nooo... In tribunale no. Mettila in borsa. Che so?». Il compagno le risponde: «1.500, te li metto nella zip». Lei risponde: «Nun ce vanno (...) Tanto li metto nel cassetto, una parte li conservo in contanti per quando devo pagare l'affitto».

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«AGISCE PER RAGIONI MISERE»
Il gip 45enne, a un certo punto, teme di perdere l'amministrazione giudiziaria dei beni sequestrati all'imprenditore Fabrizio Coscione, colui che ha presentato la denuncia dalla quale poi sono partite le indagini su di lei. Castriota è furibonda: «Non vi fate scappà a Coscione che lo voglio vedè in galera», dice a un procuratore aggiunto di Latina. Mentre incalza un'altra collega dell'ufficio del dibattimento: «Che devi dissequestrà questo deve fallire». Dall'indagine emerge «l'attivismo del magistrato che, andando ben al di là delle sue competenze e della differenza di funzioni con il pubblico ministero, si adopera - spiega il gip di Perugia - non solo per mantenere il controllo sulle società in amministrazione giudiziaria, ma altresì per estendere il sequestro anche ai consorzi, andando oltre la richiesta del pm, che infatti si rifiuta di eseguirla ritenendo il provvedimento illegittimo». «A tal fine - si legge nell'ordinanza di arresto - coinvolge il procuratore aggiunto, evidentemente nella speranza di bypassare il sostituto, informa la presidente del Tribunale per portarla dalla sua parte e ricevere eventualmente tutela, arriva a contattare il Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma, ammantando il tutto con esigenze di giustizia ("non possiamo tenere un delinquente in giro", dice la Castriota riferendosi a Coscione, ndr), mentre in realtà le motivazioni sono ben più misere». E questo lo conferma anche il suo compagno: «La sua grande preoccupazione è quella che se finiscono i giochi da qua non prende più niente».
 

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