Il volto di Apollo, dall’espressione calma e solenne, si rifà per impostazione fisionomica a un tipo rielaborato dalle officine romane nel I secolo a.C. ispirandosi a un originale greco di età classica.
Il nostro esemplare si data nel II secolo d.C. tra il regno di Adriano e quello di Marco Aurelio, tra il 117 e il 180 d.C. Le erme, sia nella forma tradizionale sia con due o più teste contrapposte, ebbero molta fortuna nel mondo romano perdendo ogni legame con il sacro e assumendo un valore prettamente ornamentale per l’arredo delle domus e soprattutto delle ville patrizie dove
decoravano giardini, ginnasi e biblioteche. La scoperta, unica nel suo genere nel territorio del Golfo, è frutto dell'incessante attività di ricerca e di tutela svolta della Soprintendenza archeologia del Lazio e dell'Etruria meridionale.
La scelta del doppio volto di Apollo assecondava, da un parte il gusto della committenza romana per gli arredi scenografici; dall'altra ben rappresentava l'ambivalenza del dio che, per i molteplici ruoli a lui attribuiti, si proponeva come dio “dei contrasti”: guaritore e nello stesso tempo spargitore di terribili epidemie, portatore dell'arco micidiale e anche della cetra melodiosa, luminoso e “oltremisura violento”, protettore di città e autore di spietate vendette.
Ma soprattutto “oscuro” per l'ambiguità dei suoi oracoli.
Il Museo archeologico nazionale di Formia è in via VitrIuvio 184
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