Eutanasia “fai da te”, attesa per le analisi decisive

Eutanasia “fai da te”, attesa per le analisi decisive
di Giovanni Del Giaccio
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Martedì 23 Giugno 2020, 07:40
Una vicenda che fa discutere quella del medico che avrebbe “aiutato” il padre a morire all’ospedale “Santa Maria Goretti” di Latina. La dottoressa, in servizio presso un hospice di Aprilia, città nella quale vive, è indagata e il magistrato di turno - Simona Gentile - aspetta l’esito dell’autopsia e delle perizie per adottare decisioni sulla sua posizione. 

L’episodio ha destato scalpore, in ospedale - e non solo - molti si chiedono dove abbia trovato il coraggio di un gesto come quello che le viene contestato e cioè di una sorta di eutanasia “fai da te”. Cosa c’era in quella siringa? E soprattutto perché una scelta del genere? Oggi l’uomo sarebbe stato ricoverato in un hospice per trascorrere i suoi ultimi giorni, a causa di una malattia che non gli lasciava speranza. La donna - sensibilmente provata subito dopo il gesto - ha voluto forse finirla prima. I particolari dell’accaduto restano riservati, di certo quando è stata scoperta in corsia dopo aver fatto ciò che non doveva è nata una discussione. Al personale del posto di polizia dell’ospedale “Santa Maria Goretti” intervenuto subito dopo il fatto e a quello della squadra mobile è parsa sconvolta. Per il gesto che aveva compiuto, certamente, ma anche perché l’avevano fermata in attesa delle decisioni del magistrato, sequestrando la siringa, parte dell’attrezzatura dell’ospedale e il materiale che aveva con sé. C’era anche la sostanza usata per porre fine alle sofferenze del padre? Ed è bastata quella a causare la morte ovvero ad accelerarla? Vicende che, adesso, sono completamente nelle mani dei periti. Quello della Procura, Maria Cristina Setacci, e quello del medico che ha nominato Vincenzo Manciocchi.

L’ESPERTO
«Dalle prime ricostruzioni giornalistiche, sembra delinearsi un caso doloroso di omicidio per pietà», osserva Giulio Vasaturo, avvocato e docente di Criminologia alla Sapienza di Roma. «Spero che questa vicenda valga ad aprire finalmente un serio dibattito etico e giuridico sul tema del “diritto a morire dignitosamente”. Queste tragedie avvengono perché il nostro ordinamento non prevede ancora, nonostante il monito della Corte costituzionale, una normativa in grado di supportare la solitudine dei familiari di fronte alla ineluttabile sofferenza di un loro congiunto. Fino a ieri il nostro sentimento di pietas era idealmente rivolto ad un anziano morente. Oggi va rivolto a questa figlia che ha determinato la fine di una vita oramai segnata dalla malattia, senza però essere un’assassina». E chissà che la vicenda - quando ci sarà un processo - non finisca proprio di fronte alla Corte costituzionale. 
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