Luciano, 58 giorni in ospedale: «Troppa superficialità con le mascherine, questa è una malattia infernale»

Luciano, 58 giorni in ospedale: «Troppa superficialità con le mascherine, questa è una malattia infernale»
di Claudia Paoletti
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Sabato 22 Agosto 2020, 11:30 - Ultimo aggiornamento: 12:28

Luciano Barbone, 60 anni di Cisterna, 17 giorni di coma e 41 in isolamento nel reparto di medicina d'urgenza del Goretti, racconta la sua storia e lancia un appello accorato. «Ho sconfitto il Covid-19 ma la paura di ricadere nelle stesse maglie di questo terribile virus è quotidiana racconta ricordo poco di quando mi sono sentito male e nemmeno di quando mi hanno ricoverato. Mi sono risvegliato nudo, con la flebo al braccio destro e a quello sinistro, con un tubo in gola. Ma dove sono? Che è successo? Perché sto così? Che giorno è oggi?». Era lo scorso aprile, erano le ore 12 di Pasqua, il giorno più felice per la moglie Daniela e per il figlio Daniele per la fine di un incubo; un giorno di completo smarrimento, di interrogativi e di presa di coscienza per Luciano di essere affetto dal Covid-19.

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«È stata dura continua ho imprecato, ho combattuto, poi ho pregato e ho sperato, un misto di emozioni forti, ti passa tutta la vita davanti e non sai se domani la sfanghi. Terribile». Chi ricorda bene quei momenti è proprio la moglie Daniela, impossibilitata nei 58 giorni di ricovero ad avere contatti con il marito. «È stato angosciante, le notizie era pochissime e tutte per via telefonica. Sapevamo soltanto che era in coma farmacologico dopo che si era aggravato al suo arrivo al pronto soccorso racconta Daniela il giorno di Pasqua, attraverso una videochiamata, lo staff sanitario ce lo ha fatto vedere. È stata un'emozione fortissima, come il suo successivo ritorno a casa». Luciano è stato accolto con una festa di tutto il palazzo nella zona in via Appia sud dove risiede. «Ora sono qua, a casa mia, con la mia famiglia continua grazie ai medici, agli infermieri, a tutto il personale sanitario del Goretti, nessuno escluso che hanno avuto una parola di sostegno e di comprensione per noi malati per tutto il periodo della degenza: davvero esemplari». E ai medici la famiglia Barbone ha scritto una sentita lettera di ringraziamento. A tre mesi dalle dimissioni, la ripresa è ancora difficile. «Il Covid-19 debilita, affatica, ti trascina giù continua Luciano nel mio caso altre patologie associate allentano la ripresa ma sono costantemente tele-controllato dai sanitari del Goretti». Da qui l'appello ai giovani e meno giovani che ignorano o sottovalutano i rischi da contagio, nonostante in Italia si sia tornati ai numeri di contagio ai tempi del lockdown nella terza settimana di crescita, senza precedenti. «Sono uscito di casa qualche sera, negli ultimi giorni, e ho notato l'indifferenza, la superficialità nei facili assembramenti e nel fare a meno delle mascherine di protezione. Una sera, eravamo io e mia moglie a passeggiare per il Corso della Repubblica e sembravamo noi i diversi, gli unici a indossare le mascherine. Gli altri ci guardavano come fossimo degli alieni, coperti fino al naso. La gente che non conosce l'inferno che abbiamo subito noi malati, non sa quanto sia sbagliata questa superficialità, quanto sia sbagliato non comprendere che possono infettarsi e infettare persone sane e guarite dal Covid che ancora soffrono. Ci vuole più saggezza e rispetto degli altri nell'affrontare questo virus, soprattutto per la nuova ondata di contagi in corso. Non sottovalutate il rischio di contagio, non sottovalutate questo nemico invisibile. La vita è una sola, non la sprechiamo».


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