Il manager Asl: «Coronavirus, a Latina ottenuti grandi risultati, ma ora non disperdiamo tutto»

Il manager Asl: «Coronavirus, a Latina ottenuti grandi risultati, ma ora non disperdiamo tutto»
di Giorgio Casati*
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Mercoledì 29 Aprile 2020, 06:30

Il contagio da COVID-19, almeno con riferimento a questa prima fase emergenziale, in provincia di Latina sembra essere entrato nella fase di progressiva remissione. Ogni settimana, i nuovi contagi diminuiscono e sono ormai 20 i Comuni che non presentano casi di positività da almeno 14 giorni consecutivi.
Questo non significa che l’emergenza è terminata. A partire dal 4 maggio, si entrerà nella fase 2 che, da tutti, è definita come quale in cui dovremo cominciare a convivere con il virus. Alcune attività commerciali ed industriali riapriranno i battenti e saranno ridotte le misure di contenimento del contagio: quelle che impattano maggiormente sulla mobilità dei cittadini. È ragionevole immaginare che, a seguito di tali azioni, vi possa essere una nuova fase di sviluppo del contagio. Questa evidenza, ancorché tutti noi ci auguriamo non si verifichi se non in misura del tutto marginale, pone la necessità di mantenere intatto il livello di attenzione sui comportamenti di distanza sociale e, più in generale, sulle regole di prevenzione che, in questi due difficili mesi, abbiamo tutti inserito nelle abitudini quotidiane.
Una serie di risultati importanti hanno caratterizzato, fino ad oggi, la gestione della fase 1 dell’emergenza. Risultati frutto di azioni coordinate e processi di integrazione che hanno coinvolto comunità locali, forze dell’ordine, la Prefettura, la Regione oltre che la Asl di Latina. Tra questi, è utile ricordare che in questa provincia rispetto ad altre realtà regionali, è stato possibile registrare: il minor numero di pazienti positivi al COVID-19 in rapporto alla popolazione residente; il minor numero di decessi in rapporto a quelli dei pazienti positivi; il maggior numero di guarigioni; il minor numero di operatori sanitari risultati positivi al COVID-19.
L’Azienda Asl di Latina, tra l’altro, è stata la prima ad attuare il modello di telemedicina dei pazienti positivi gestiti a domicilio con risultati di estremo rilievo sia per il numero di situazioni di criticità rilevate per tempo e, quindi, avviate al ricovero ospedaliero precoce, sia per il numero di pazienti per i quali si è evitato l’invio al pronto soccorso in quanto si è reso possibile gestire le criticità, evidenziate dai parametri monitorati, mantenendo il paziente a domicilio.
Sempre nella ASL di Latina si è avuto il coraggio e l’opportunità, nel trattamento del paziente in regime di ricovero, d’adottare protocolli sperimentali che hanno evitato il passaggio in terapia intensiva con un impatto decisivo sulla mortalità registrata nei pazienti COVID-19.
Per ottenere questi risultati, è stato necessario operare, in regime di assoluta emergenza, inventandosi soluzioni prima mai sperimentate. Dalla riconfigurazione dell’assetto dei pronti soccorsi, alla rimodulazione complessiva dell’assetto organizzativo del S. Maria Goretti trasformato, in pochi giorni, in un ospedale COVID. Sono state avviate forme innovative di cooperazione con le strutture ospedaliere a gestione privata del nostro territorio, è stato rivoluzionato l’assetto del Dipartimento di Prevenzione con l’intero organico, supportato anche dal Dipartimento di Assistenza Primaria, per l’effettuazione delle indagini epidemiologiche, la collocazione in isolamento di pazienti e contatti, per la gestione della sorveglianza attiva. È stato ridefinito il ruolo della medicina generale inserita, a pieno titolo e in modo integrale, nei processi di sorveglianza, di monitoraggio e terapeutici dei pazienti COVID-19.
Solo chi ha vissuto questi momenti drammatici, in continuo divenire, può comprendere lo sforzo titanico compiuto e il valore di quanto realizzato dovendo affrontare problematiche organizzative, logistiche, tecniche che si accavallavano in un succedersi senza fine. È davvero curioso che, in un momento in cui appare possibile “tirare un primo sospiro di sollievo”, emergano istanze di carattere localistico per ottenere piccoli o grandi riconoscimenti o la stabilizzazione di soluzioni studiate come temporanee e finalizzate, in determinati momenti drammatici della crisi, ad affrontare situazioni di carattere particolare ma che, alla fine, avrebbero dovuto rientrare in disegno che, progressivamente e responsabilmente, deve riportare a situazione di ragionevole normalità l’assetto dei servizi sanitari offerti alla popolazione.
Ragionevole normalità, perché questo grande contagio non ci lascerà presto. Sarà necessario ripensare a gran parte del modello di offerta sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale di questo Paese e, ineludibilmente, della Provincia di Latina.
Aldilà di quanto troppo spesso si legge sui mezzi di comunicazione, gli strumenti per combattere il virus non risiedono nell’ospedale ma, piuttosto, nella prevenzione e nei servizi del territorio. Il segreto non sarà disporre di un numero di posti letto più elevato, sebbene anche questo sarà un tema da affrontare, ma nella telemedicina e su un ruolo nuovo e innovativo della medicina generale e dei comportamenti individuali e collettivi delle persone.
Nella fase emergenziale attuale, è stato necessario affrontare un elevato afflusso di pazienti che, inevitabilmente, si sono rivolte alle strutture ospedaliere costringendo, nei fatti, a identificare soluzioni logistiche strutturali in deroga, così come previsto dalle disposizioni nazionali e regionali in materia, ai criteri di accreditamento. Criteri che, di certo, saranno oggetto di revisione alla luce di quanto avvenuto nel nostro Paese ma che, in un contesto di progressiva “normalizzazione” dell’offerta sanitaria, non potranno essere elusi. Le soluzioni adottate hanno anche comportato un notevole sacrificio da parte del personale sanitario che, responsabilmente, ha risposto in modo esemplare alla situazione di difficoltà in essere moltiplicando le proprie energie. Ma anche, in questo caso, il tema è rappresentato dalla necessità di normalizzare e riportare nell’ambito di condizioni accettabili uno sforzo che non può essere mantenuto per sempre.
Questo per sostanziare scelte che, oggi che si può “tirare un primo sospiro di sollievo”, sono oggetto di critiche o rivendicazioni di carattere localistico e, purtroppo, avulse da una logica di assetto sistemico dei servizi e dalla ancora presente situazione di emergenza. È sicuramente necessario agire in fretta nella riprogettazione dei servizi ma, al tempo stesso, è anche necessario garantire sicurezza ed efficacia nelle prestazioni e nei servizi che devono essere erogati dalle diverse strutture. È importante che le scelte che dovranno permanere, siano ricondotte a normalità e siano rispettose dei criteri di accreditamento, attuali o di futura determinazione, siano strutturali rispetto alla logistica, alle tecnologie necessarie e alla dotazione organica da assegnare.
È quindi ancora presto stabilire se il “nuovo” modello di servizi sarà basato su ambulatori reali o, con il supporto della moderna tecnologia informatica, virtuali. È ancora presto per stabilire dove saranno ubicati i punti di erogazione che, da un lato, dovranno rispettare il principio della prossimità ma, dall’altro, anche il rispetto rigoroso dei requisiti organizzativi, tecnici e tecnologici in grado di assicurare efficienza ed efficacia dei servizi.
Adesso, siamo ancora in fase di emergenza. Il tema all’ordine del giorno è quello di contenere ancora il contagio e di focalizzare l’attenzione dei nostri servizi sulle realtà più fragili che, come risulta evidente da quanto accade in tutto il Paese, è rappresentato dalle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali che ospitano i nostri anziani. La possibilità di vincere questa terribile sfida, risiede ancora, nelle more siano trovati rimedi più efficaci di quelli a disposizione (vaccini e terapie farmacologiche), nell’operare tutti assieme mettendo da parte i localismi ancora per qualche mese. Per qualche mese chiedo sia data ancora fiducia a una direzione che, stando ai risultati, penso proprio che se lo sia anche meritata.
Giorgio Casati
*Direttore generale Asl Latina
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