Coronavirus, il manager Asl di Latina: «Tamponi a tutto il personale e raddoppiamo posti Covid di Terapia intensiva»

Coronavirus, il manager Asl di Latina: «Tamponi a tutto il personale e raddoppiamo posti Covid di Terapia intensiva»
di Vittorio Buongiorno
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Martedì 31 Marzo 2020, 12:00 - Ultimo aggiornamento: 13:14

«Ci vorranno due settimane, abbiamo già cominciato». Il manager della Asl di Latina, Giorgio Casati, ha dato subito le disposizioni dopo aver avuto l'ok da Regione e Spallanzani sulla nuova metodica: «Faremo un numero importante di tamponi, circa 300 al giorno, incrementando considerevolmente la nostra capacità. Fino ad ora ne abbiamo fatti una media di 120 al giorno, con punte anche di 200. Ora grazie al nuovo macchinario ne faremo altri trecento con risposte nelle 24 ore. Con questa aumentata capacità lo sforzo di effettuarli su tutto il personale sanitario esposto al Covid è diventato sostenibile».
Quanti tamponi avete fatto finora?
«Per fare il calcolo preciso dovrei prendere le schede che quotidianamente inviato alla Regione, diciamo che in questi venti giorni, da quando siamo stati autorizzati a fare le analisi dei tamponi al Goretti, saremo già sopra ai duemila. Ora con questa nuova metodica che utilizza una macchina diversa per fare le analisi aumenteremo di molto la capacità di cercare nuovi positivi».

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Perché, primi nel Lazio, avete deciso di sottoporre il personale al tampone? 
«Intanto per aumentare ancora i livelli di sicurezza per medici e infermieri ma anche per i pazienti, per circoscrivere al massimo i rischi di nuovi contagi. Anche per dare un aiuto psicologico a chi da settimane lavora in prima linea. E' vero che fino ad oggi il numero di positivi tra il personale è bassisissimo e che quei pochi hanno sempre avuto un link esterno, il contagio è arrivato da contatti esterni al lavoro e alle strutture sanitarie, c'è chi è andato in vacanza, chi ha avuto un parente positivo. Ma sapere prima possibile che c'è un caso positivo consente di agire subito, di evitare che venga trasmesso».
E se ne doveste scoprire diversi, la struttura può andare in tilt?
«Assolutamente no, c'è tanta di quella roba da fare che anche chi è positivo asintomatico può lavorare in sicurezza per sé e per gli altri. Anche solo per mettersi al telefono per notificare gli isolamenti domiciliari o per seguire la sorveglianza attiva a distanza»
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Agire subito, lo ripete spesso. Quanto è importante essere rapidi in questa emergenza?
«E' fondamentale. E' il motivo per cui abbiamo deciso di dotare anche l'ospedale di Fondi di un posto di Terapia Intensiva. Perché se dovesse servire di intubare un paziente subito lo potremo fare».
Bastano i posti di Terapia Intensiva che ci sono in provincia per fronteggiare i prossimi giorni dell'emergenza Covid 19?
«Ci sono sei posti che al momento sono tutti utilizzati, ma da oggi (martedì 31, ndr) trasformiamo i nove posti di Terapia intensiva no Covid: abbiamo ultimato i lavori ottenendo 8 posti Covid. Ne abbiamo perso uno per relaizzare una cabana per consentire agli operatori di vestirsi. Questi posti ci daranno un margine maggiore, ma finora tutto ha funzionato, in qualche caso abbiamo dovuto mandare qualche paziente allo Spallanzani, ma così siamo autonomi».
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Non posso non chiederle: basterà?
«Se i numeri sono questi. Se la curva dei contagi resta questa. Ma sono ottimista».
In altre province del Lazio sono eplosi i contagi nelle case di riposo.
«Stiamo facendo controlli a tappeto con la prefettura e con i Comuni, ma se pensiamo che già dal 9 marzo c'era il divieto per i familiari di frequentare gli ospiti delle case di riposo le possibilità di contagi con l'esterno riguardano solo il personale. Comunque, anche dove è accaduto le strutture vengono messe in isolamento e il problema se dovesse emergere resterà circoscritto».
Ma in Italia si poteva fare di più? O fare cose diverse?
«Quando si presenta un problema come questo, un conto è essere preparati in teoria, un conto nella pratica. Un conto è scrivere le regole, tutt'altro applicarle. Normale che dove si sono presentati i primi casi di Covid 19 non è stato semplice riconoscerli, non se ne può dare la colpa a nessuno».
Certo al Nord la situazione è difficile, drammatica.
«Guardi, io sono di Piacenza. Sapere che ci sono zone del Paese in cui chi si ammala deve stare a casa perché non hai posto per ricoverarlo, è devastante, se potessi ospitarli io quei pazienti. Ma non possiamo. Il pericolo è diestro l'angolo, anche qui a Latina dobbiamo essere pronti, nessuno può stare totalmente tranquillo».
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Però la curva dei contagi in provincia sembra rallentare ormai da giorni.
«E' il frutto di un lavoro disumano che stiamo facendo. Tutti, dal primo medico, fino a chi fa le pulizie. Un lavoro disumano per tenere la curva così, nessuno pensi che è fortuna».
Eppure eravamo partiti con contagi a raffica.
«Paradossalmente il caso di Fondi ci ha costretto da subito ad avere una attenzione fortissima».
Siete anche i primi ad aver attivato la telesorveglianza per i positivi curati a casa.
«Fondamentale. Stiamo finendo di distribuire i primi 60 kit e altri ne distribuiremo. Anche ieri c'è stato un altro caso in cui siamo potuti intervenire immediatamente, prelevare il paziente e portarlo subito in ospedale. E' decisivo agire subito».
Cosa altro metterete in campo?
«In settimana anche a Latina metteremo a disposizione n albergo per i positivi in isolamento, così da evitare che contagino i familiari. E' una cosa che stiamo riscontrando, per quante attenzioni puopi avere il rischio di infettare i parenti con cui vivi è molto alto, lo dimostra quanto sta accadendo ad Aprilia».
Avete già trovato l'albergo?
«Ci stiamo lavorando. Posso dire che abbiamo bisogno di un centinaio di stanze e di una struttura che non sia troppo lontana dall'ospedale. In quel modo potremo esercitare un controllo attivo e immediato».
Come va con le dotazioni?
«Quello che ci serve sta arrivando. Certo riusciamo solo a soddisfare le nsotre esigenze. Ma su questo bisogna sottolineare la generosità delle donazioni. Il conto corrente attivato dalla Asl ha già raccolto oltre mezzo milione di euro, questo vuol dire che la gente riconosce lo sforzo che stiamo facendo, che comprende. E poi ci sono anche aziende o associazioni che ci mettono a disposizione di tutto, cose importanti e utilissime, penso al camper per poter andare a fare i tamponi a domicilio, peso alle apparecchiature, anche solo alle mascherine che arrivano, ci sono persone che portano da mangiare a medici e infermieri in turno. La gente capisce che ce la stiamo mettendo tutta e questo ci spinga a dare ancora di più».
 

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